Da sinistra a destra e poi da destra a sinistra per un semicerchio perpetuo che va avanti e indietro come un cazzutissimo pendolo. E’ così che da un po’ di tempo a questa parte vedo le strade forestali che percorro la sera, nel buio, dopo lavoro. Illuminate da un minuscolo frontalino. In un contesto dove il rumore, al di là del fiatone e dello spostamento dei sassi/neve/foglie, non esiste con tutta la sua granitica ed ipnotica forza irrompe dalle cuffie la mia musica preferita. Mi sembra di essere in una dimensione aliena: di tornare indietro nel tempo. Questa atmosfera, da giorno dopo un attacco nucleare, trecento metri più in alto rispetto al primo lampione del paese mi attrae ossessivamente: il canto di una sirena per Ulisse. E' buio e vado alla carica dell'oscurità armato di gambe e musica tagliente. Oggi tocca a Ronnie James Dio farmi compagnia: forse la voce che si avvicina maggiormente al mio tipo ideale.
Mi ritrovo ben presto a macinare lunghe falcate nel falsopiano iniziale, in completa simbiosi ritmica con il celebre mid tempo "Holy Diver". Granitico ed ipnotico, come il passo che voglio tenere adesso che non sento ancora la fatica e mi sento invincibile. Cerco stupidamente di cantare sottovoce le intriganti strofe manco avesse un’estensione vocale di poco conto. Pagherò dopo lo scotto. Spezzo il fiato 2 km più avanti, quando la marcia metallica "Gypsy" oramai sta tirando inesorabilmente gli ultimi con la ruvida voce a fare da pregiato contorno. In salita vera e propria i passi devono essere giocoforza più piccoli e veloci: un po’ come il rapporto e la pedalata in bicicletta quando la pendenza aumenta. Mi assistono, mi sorreggono e mi invitano a non mollare la corsa in favore di un’accomodante camminata l’up tempo melodico "Caught In The Middle" con il suo refrain di facile presa e soprattutto la grinta esplosiva della fugace ed incalzante "Stand Up And Shout" che ricerco affannosamente con l‘mp3. Mi immedesimo nell’assolo in scala e mi carico credendo di avercela fatta, quando la strada finalmente spiana. Bastardo e malefico falsopiano conclusivo.
Ti sembra di aver ammazzato il dislivello, ed invece quell’ultimo chilometro in modesta ma continua salita ha la capacità di spezzarti di netto le gambe: "Straight To The Heart" prosegue a strappi, accelerazioni e rallentamenti continui un po’ come la mia corsa incerta. Desisto e cammino per due minuti necessari per arrivare fino al rifugio dove posso cominciare l‘inversione a U. La mente in modo naturale si rilassa. Metto il pilota automatico. I muscoli sono caldi, non sento più il gelo e la forza di gravità dà una mano a far sì che non mi sembri più di correre; percepisco appena l’acido lattico nei polpacci, quello che maledirò domani mattina, e così mi lascio andare a come "Don‘t Talk To Strangers"; capace di alternare con maestria bastone e carota più volte in una manciata di minuti. Entro quasi in uno stato di meditazione e catalessi, pensando alla giornata trascorsa, e mi sopisco solo nell’ultimo chilometro in piano nel quale è necessario spingere. Al ritmo di una killer track dall’appeal totale (per lavoro di chitarre e melodie) come "Rainbow In the Dark", mi do’ ad una insana progressione letale che mi fa stramazzare al suolo senza avere più nulla da dare a una manciata di passi dalla macchina. Sto lì, sull’asfalto gelato a cercare di riprendere fiato mentre osservo le luci della città. Una sana birra mi attende.
Holy Diver è uno di quei rari dischi che si ascolta con immenso piacere anche a distanza di tempo. Credo che sia questo il significato di classico: immune al tempo e ai passaggi nello stereo. L’aggettivo indispensabile non diventa un’esagerazione per chi è appassionato dell’hard rock/metal melodico e vuole fare proprio un lavoro che ha fatto scuola. Non serve essere critici per capire che la struttura delle canzoni, il modo di cantare e la fase strumentale di questo disco è stata copiata in lungo e in largo per decenni, ahimé senza sfiorarne spesso le vette.
Ancora una volta, la seconda da quando scrivo su Debaser, devo ringraziare l’utente Mista. Non si ricorderà, ma me lo consigliò appassionatamente anni or sono e questa rece è per lui, se mai dovesse tornare a bazzicare su queste pagine.
Ilfreddo
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