Album d'esordio per i Dirtswitch che si presentano al grande pubblico con questo "Phoenix Down" tutto da ascoltare. La band di Lubiana è stata fondata nel 2009 dalle ceneri dei Skystation e, pur non presentando eccessive novità dal punto di vista stilistico, rappresenta comunque un buon ascolto per quanti amano il rock più moderno e le sonorità alla Alter Bridge.
Nei loro brani e soprattutto nei loro testi traspare tutto un orgoglio personale e intimo da difendere, un orgoglio che necessita di continui stimoli per poter accrescere le potenzialità e il proprio ego. Il primo album della band slovena nasce concettualmente nel 2009 e prende corpo fisicamente alla fine del 2011 quando viene realizzato in collaborazione con Hangar, ottenendo il supporto promozionale del produttore italo-americano Nick Mayer.
Dodici brani, dodici intense emozioni frutto di sentimenti che sanno ancora di adolescenziale, ma anche di voglia di vivere a 360°. Non immaginatevi produzioni colossali: è pur sempre un disco un'esordio che però, proprio per questo di vero. Pochi fronzoli, pochi giri di parole e tanto sano rock. Non c'è plastica, nei testi dei Dirtswitch: forse poca malizia e un pizzico di ingenuità che però ci piace perchè autentica.
Spicca la ballad "Looking Back", una piccola gemma all'interno di un disco che di per sè si lascia piacevolmente ascoltare. Un ascolto, quello di questo "Phoenix Down", facile ma non banale. Riff violenti si alternano a dolci arpeggi per circa tre quarti d'ora di ascolto. C'è sicuramente ancora da migliorare e soprattutto assodare, ma a mio avviso i quattro ragazzi di Lubiana per questo primo album si meritano una ben larga sufficienza.
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