Come definire la musica dei Dirty Three? Molte band fanno a meno dei testi nelle loro canzoni eppure loro lo fanno con un’attitudine diversa, peculiare e immediatamente riconoscibile, merito del violino di Warren Ellis, del suono ‘umorale’ della batteria di Jim White, e dell’abilità eccezionale di Mick Turner alle chitarre. Nell’ambito post-rock il gruppo ha una postazione di tutto rispetto che lo rende difficilmente associabile al resto del genere, a partire dal luogo di provenienza: l’Australia, con le sue suggestioni, i suoi spazi ampi e i suoi colori selvaggi.
Lowlands esce nel 2001, distribuito durante i concerti del trio con l’intenzione di regalare ai fan una raccolta di canzoni registrate durante il tour europeo del 1998-1999, materiale che altrimenti non avrebbe mai visto la luce. Si parte da Londra con le outtake del precedente “Whatever You Love You Are”, si passa da Dublino accompagnati da un paio di canzoni eseguite per una trasmissione radiofonica e con gli ultimi 3 pezzi si arriva al capolinea, Parigi.
I toni del disco sono molto più tranquilli rispetto ai precedenti lavori: infatti il violino e il piano vengono tenuti molto più sullo sfondo a favore degli altri strumenti.
In “Kangaroo” ad esempio il violino ripete lo stesso accordo, ma la ritmica spezzata della batteria cambia il tono e l’umore del pezzo fino a tornare alla calma iniziale. Se consideriamo “Lowlands” invece è la chitarra a farla da padrona, mentre Ellis tiene il violino nell’ombra e asseconda le trame di Turner. Le matrici folk servono da transizione in attesa del successivo “She Has No Strings Apollo”. Un’evoluzione che si ciba di onestà, tradizione e intimismo, fuggendo dal rumore e beandosi nel contemplare brume e territori sconfinati.
Certo, il disco non spicca per brillantezza di intuizioni. La produzione è scarna perché non si tratta di un disco fatto per essere venduto regolarmente, anche se sul sito ufficiale della band è possibile procurarselo.
Logicamente chi ha conosciuto i Dirty Three partendo dal capolavoro “Ocean Songs” troverà il disco non all’altezza dei precedenti e penso che iniziare a conoscere questo gruppo partendo da qui non sia proprio l’ideale. Allo stesso tempo però penso che bisognerebbe considerare anche lavori minori per capire appieno la formula dei 3.
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