I Dirty Three nascono nel 1992 a Melbourne, Australia, da una pazza di idea di un celebre violinista della zona: Warren Ellis. Egli, che con il tempo diventerà il frontman della band e sopratutto un grande pupillo di Nick Cave (verrà a far parte dei Bad Seeds), pensò di amplificare il suono del suono violino, di applicare addirittura una distorsione. Unito al violino di Ellis c'è la chitarra, quasi sempre elettrica, di Mick Turner (autore anche delle copertine) e la batteria di Jim White, che ricorre all'uso delle spazzole, finora quasi unicamente suonate nel jazz. La musica dei Dirty Three è unicamente strumentale e, sinceramente, risulta complesso classificarla in un genere, perchè quasi unico, perchè forse i primi e i soli a fare questo tipo di musica e usare questi strumenti in un certo modo, si può comunque affermare che in sintesi la musica dei Dirty Three sia un miscuglio di jazz, folk e qualcosa di psichedelico. Il trio fornisce dei suoni unici, sublimi e letteralmente commoventi. Esplosero con il loro magico Ocean Songs, o forse già ancor prima con Horse Stories, con cui si affermarono nella scena internazionale.
Dopo sei anni dal loro ultimo album "Cinder" ritornano con forse il loro ultimo lavoro "Toward The Low Sun". Si parla di ritorno alle origini, infatti la maggior parte sono particolarmente aggressivi e forti, ma allo stesso tempo affascinanti, come sempre del resto. L'album si apre con il brano 'Furnace Skies', il ritmo elevato e i ricorrenti suoni di tastiera quasi anni '60 fanno pensare a una psichedelia moderna, uno dei pezzi migliori. Si continua con 'Sometimes I Forget You've Gone', dopo la tempesta la quiete, un brano molto dolce e romantico, con un piano strappa-lacrime, White però ancora non si vuol fermare e mentre i suoi due colleghi decidono di rallentare con i ritmi lui si cimenta in una serie di assoli abbastanza virtuosi, quasi da distaccarlo dall'andamento generale del brano. Si evince andando avanti nello sentire l'album, che rinnova molta importanza, nella musica dei Dirty Three, l'improvvisazione. Il terzo brano è uno dei meno belli dell'album, 'Moon On The Land', che ricorda estremamente lavori come Horse Stories, quindi qualcosa di già sentito, ma 'il qualcosa di già sentito dei Dirty Three' vale più di moltissimi brani che siamo costretti a sentire oggi in radio. Ricevono nuovamente molta importanza gli strumenti ad arco e il violino di Ellis, da sottolineare anche una chitarra acustica niente male di Mick Turner.
'Rising Below', basato sull'uso di due violini e sugli arpeggi di Turner, è invece uno dei più belli, sembra quasi un preludio, un preludio che termina con nervosismo, un preludio che termina con l'unione dei violini e della chitarra distorti al massimo. Arrivviamo a 'The Pier', altro brano davvero molto bello, quasi nostalgico con il violino di Ellis che come sempre ti fa emozionare, ti fa volare. 'Rain Song' è costituita principalmente dai suoni emessi dal violino di Ellis, Turner pizzica la chitarra e White accompagna molto bene. Eccoci a 'That Was Was', il trio si sfoga. Un'accumolo di rabbia è servito, un accumolo di rabbia caratterizzato da rumori distorti e contrasti dei toni. Dopo aver ascoltato brani del genere capisci che Ellis è un grande musicista, che con il suo violino riesce a far trasmettere un qualcosa di davvero magico, degno di quello che trasmette una voce umana (vi siete accorti di non aver sentito la mancanza di essa nei brani dei Dirty Three?). Giungiamo a 'Ashen Snow', a mio giudizio, il pezzo più bello dell'album, quello che preferisco. In primo piano vi è il violino di Ellis, che emette dei suoni sublimi, riceve molta importanza anche il piano, che porta avanti il ritmo, sfizioso è l'utilizzo, ancora, dell'acustica di Turner, che si conferma un ottimo chitarrista, White è molto bravo ad accompagnare il brano, appoggia quelle spazzole in modo molto dolce ma allo stesso tempo incisivo. Il disco termina con 'You Greet Her Ghost', la nona traccia, non particolarmente incisiva, Turner accompagna con una serie d'accordi Ellis, cimentato nei suoi assoli.
Un album ottimo per quanto mi riguarda, non ai livelli dei vecchi Dirty Three, di quelli di "Ocean Songs", ma comunque più che sufficenti, sicuramente uno dei migliori del 2012.
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