Finalmente, dopo innumerevoli cambi di genere musicale (prima death/grind, poi death progressive), sembra che i Disharmonic Orchestra abbiano trovato lo stile musicale a loro più congeniale: l'avant-garde metal ed è proprio con questo "Pleasure Dome", datato 1994 che i nostri approdano a quello che oramai da ben 13 anni è il loro sound.
Proprio come successo nel precedente e non troppo attraente disco "Not To Be Undimensional Conscious", la band austriaca continua a mantenere intatte ritmiche estremamente complesse, facendo ricorso spesso all'elettronica, senza perdere però troppo di vista il lato più aggressivo e metallico della loro proposta musicale: è proprio l'aggressività che continua ad essere punto focale dell'album e questo si può riscontrare nelle linee vocali, al limite del thrash, ma anche nei riffs di chitarra sempre veloci e taglienti.
Durante le 13 tracks, si può notare come i nostri abbiano fatto veri passi da gigante dal punto di vista compositive, cadendo pochissime volte nel caos che erano soliti creare nei loro precedenti lavori, puntando anche su soluzioni più raffinate dal punto di vista melodico, come si può notare in "The Silence I Observe", capace di unire metodicità, potenza e parti tecniche con un risultato davvero notevole; stesso dicasi per "Overwhelming Tranquillity", aperta da un intro al limite dello psichedelico, fino a quando la canzone non si tramuta poi un pezzo che prepotentemente 'sbatte in faccia' tutto il lato selvaggio del gruppo.
Gradevoli tra le altre cose i brani "Where Can I Park My Horse", traccia dal flavour rock decisamente scanzonata e semplice, con un appiglio easy listening davvero unico, ma anche lo strumentale finale "Sunday Mood", un pezzo progressive molto rilassante.
Naturalmente non mancano i punti negativi e non sono pochissimi, primo tra tutti una certa somiglianza di un po' tutti i pezzi (specialmente quelli in cui si vuol mettere in mostra il lato più metallico dei D.O.), alla quale va aggiunto un mixaggio davvero poco curato, con suoni non sempre curatissimi (il basso è quello che ne risente maggiormente).
In definitiva questo "Pleasure Dome" pur non essendo un disco perfetto, non è proprio niente male e ci dona una band in discreta forma, che non entrerà forse nella storia, ma che ha dimostrato di aver trovato una propria identità che la fa uscire fuori dal coro.
Ancora una volta buono l'artwork e le lyrics che proprio come nel precedente platter contribuiscono a rendere ancora migliore il lavoro del gruppo.
P.S.: i due strumentali, "Sunday Mood" e "Pleasuredome" consiglio di ascoltarli l'uno di seguito all'altro, dal momento che sembrano quasi i due lati di una stessa canzone, con Plesuredome che potrebbe virtualmente rappresentare la parte più elettronica e l'altra song la parte più riflessiva.
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