Nell'era del pieno splendore di tutta la scena Black/Death nordica, in cui la cacofonia e la malvagità sprigionate dalle bands appartenenti a quel mondo venivano dalle stesse anteposte a qualsiasi desiderio di affinare la propria tecnica musicale, i Dissection composero un album che risultò essere il giusto compromesso: la gelida atmosfera del black metal più blasfemo unita ad una inusuale ricercatezza nelle melodie e nelle composizioni, oltre che ad una tecnica di caratura decisamente superiore alla media.
Il carismatico frontman Jon Nodtveidt dà vita ad un disco che getta i pilastri per una nuova concezione del genere di cui reclama l'appartenenza, come succede per tutti quei gruppi detentori di una spiccata personalità emergente fin dai primi lavori. Insomma, questo "The Somberlain" ci mostra una band giovane e, ad onor del vero, ancora un pò acerba, ma allo stesso tempo determinata e con le idee ben chiare sul risultato che vuole ottenere. Ad emblema dell'album stesso si può prendere come esempio la opener "Black Horizons", oltre otto minuti di poesia e di cattiveria spezzati nel mezzo da un improvviso, quanto inaspettato break acustico: già da subito ci si rende conto di quanto sia stata curata la struttura del pezzo in questione, ma ciò che colpisce di più è la straordinaria potenza evocativa di ogni singolo passaggio ed il pàthos della voce di Nodtveidt, con quell'azzecatissimo, quanto inquietante effetto eco in lontanza.
La qualità dell'intero plot è comunque sempre elevata, e l'alternanza di ritmiche veloci, ad altre più cadenzate (vedasi la title-track) tiene decisamente alla larga la noia, solitamente comune denominatore dei dischi di questo genere. Questo a dimostrare l'indiscutibile capacità compositiva di una band che qualche anno più tardi sarebbe entrata nella leggenda, dopo aver sfornato quel capolavoro chiamato "Storm Of The Light's Bane". Il meglio, come spesso accade, doveva ancora arrivare, anche se purtroppo non si andrà oltre, ma questa è un'altra storia...
Impossibile rimanere indifferenti di fronte a questo album (primo full-length della band), un vero e proprio must per tutti gli adepti della nera fiamma, un pezzo di malvagità proveniente da un periodo in cui il black metal era più vivo e vero che mai, in cui band come Mayhem, Marduk, Emperor, o gli stessi Dissection credevano veramente in quello che facevano, in cui i dischi erano portatori dei più sinceri e puri sentimenti, e il vento proveniente dalle desolate lande del nord sembrava levarsi dolcemente al suono di ogni singola nota.
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