E’ giunto il momento di fare una recensione che vuole essere un tributo ad uno dei migliori gruppi metal che la storia di questo genere ci ha consegnato, almeno a parere di chi scrive, un gruppo la cui storia è indissolubilmente legata alle vicende personali del cantante e chitarrista Jon Nödtveidt, un poeta maledetto che ha distrutto la sua vita con gesti deprecabili, ma che dal lato artistico ha saputo creare qualcosa di unico. I Dissection in effetti rappresentano la perfetta sintesi di una certa maniera di intendere la musica metal: hanno creato uno stile che ingloba le caratteristiche dei due principali generi estremi che hanno trovato terreno fertile nel Nord Europa, death metal e black metal, e li hanno uniti alle influenze melodiche caratteristiche del metal classico degli anni ottanta, ma ciò che ha fatto veramente la differenza è la classe compositiva del gruppo e la sua espressività fuori dal comune. In molti infatti hanno provato a imitare i Dissection, mi vengono in mente ad esempio i Naglfar e i Sacramentum, ma nessuno ci è mai veramente riuscito.
Ed ecco che dopo il capolavoro “Storm of the Light’s Bane”, dove l’unione tra il black e il death melodico raggiunge il suo apice, viene rilasciato un EP contenente alcune tracce precedentemente pubblicate solo come bonus track o su compilation di tributo ad altri gruppi. La canzone che da il titolo al disco è “Where Dead Angels Lie”, qui presente anche in una più acerba versione demo, splendida ballata black metal nella quale la band è in grado di tessere oscure e malinconiche melodie che vanno inevitabilmente a turbare la parte più sensibile del nostro animo. Le altre canzoni non possono competere con questo brano meraviglioso, solamente “Night’s Blood” ne è capace, ma la furiosa (e registrata a nuovo) “Son of the Mourning” con le sue graffianti influenze thrash si difende bene e ci mostra su quali coordinate si muoveva il gruppo agli inizi. Infine le due cover: “Antichrist” degli Slayer non ha bisogno di presentazioni, qui è presentata in veste ovviamente più aggressiva, visto che c’è Nödtveidt a ringhiare al posto di Araya, mentre “Elisabeth Bathori” è il rifacimento di una canzone dei dimenticati Tormentor, pionieri in terra di Ungheria del metallo nero e capeggiati da Attila Csihar, anche in origine non distante dallo stile dei Dissection e qui ulteriormente nobilitata.
Purtroppo, come già detto, la storia del gruppo è inevitabilmente legata a quella di Jon Nödtveidt e quindi questo EP rappresenta l’ultimo lavoro valido a nome Dissection, meglio infatti ignorare il fastidioso ritorno sulle scene e ricordarsi di questo controverso gruppo per come era negli anni novanta, quando al massimo della sua creatività artistica ha creato capolavori indimenticabili come “The Somberlain” e “Storm of the Light’s Bane”, capolavori che nessuno riuscirà più ad eguagliare.
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