Nuovo millennio, gothic rock, Diva Destruction. E' tutto consequenziale. Manca chi è riuscito a rendere questo meccanismo possibile, ovvero Robert Smith, scopritore del gruppo. In queste poche parole già ci sono molti spunti per pensare e farsi una prima idea su questa band californana, capitanata da Debra Fogarty che al giorno d'oggi è arrivata al terzo album in attivo.

Io preferisco iniziare dal primo che è per me è stato una delle più piacevoli sorprese del 2001. Come per tutte le band dedite a qualsiasi genere e proveniente dalle loro parti, anche e due componenti femminili di Diva Destruction (che è un quartetto) si presentano al pubblico con un'apparenza molto curata e chiaramente di stampo assolutamente dark. Corsetti, reggicalze, capelli che prendono diverse tonalità di colori chiari sommersi nella selva di trecciame nero, trucco molto pulito in viso, con abile uso di eyeliner e rossetto. Approfittando delle loro qualità estetiche, le due si pongono come leader del combo e trasmettono molto fin dal primo impatto. C'è da dire che, seppur molto appariscenti, ho subito pensato alle band californiane che tra gli 80 e i 90 suonavano glam rock, facevano del loro stile un manifesto e sfornavano dischi di pregevole fattura. Per questo non mi sono lasciato insospettire da questa presentazione molto carica di "moda dark" del gruppo e l'ho ascoltato senza pregiudizi.

Passion's Price suona decisamente rock ed è sicuramente figlio dell'influenza dei suoni tipici che la california rocker ci ha regalato negli anni. La chitarra gioca un ruolo molto importante in questo album e in tutte le produzioni dei nostri: è ben distorta, si fa sentire e non vuole solo pungere con acuti sconsolati. Infatti detta il tempo insieme ad un basso che gira davvero pesante a costruire trame gotiche che oserei definire street. La sensazione che ci regala questo lavoro è proprio quella di trovarci per le strade secondarie di una grande metropoli della West Coast, semioscure e deserte, dove ogni angolo può celare la sorpresa che non vorresti mai avere.

E, per passare al dato più importante che riguarda il sound della band, dove avrebbero preso tutta la loro carica gotica? Secondo me la risposta è facile, forse fin troppo. Se London After Midnight vi dice qualcosa, allora ci siete arrivati. Le Diva Destruction devono sicuramente molto ai loro conterranei, che hanno una storia e una fama molto più ampie da poter vantare. Stavo proprio pensando che se non fosse per i due trascurabili maschietti nella formazione, le Diva Destruction potrebbero essere considerate la versione femminile dei LAM. Quella tendenza a comporre piccole, immaginifiche e sonnolente nenie, quell'influenza che sale su dalle macerie punk, quella voglia di mettersi in mostra senza censure e soprattutto quella (per certi versi divertente) tendenza molto anni '80 a voler apparire per forza dark, fa delle Diva Destruction il tipico prodotto americano che cerca di offrire il "core" (inteso come nocciolo!!!) del rock gotico, risultando forse un po' pacchiane ma sicuramente non figlie della fretta.

Il disco si apre con "The Broken Ones" pezzo che ha reso famoso il quartetto e che effettivamente si fa apprezzare perchè ben congegnato fin dalla breve apertura di tastiere e batteria che ci danno un assaggio di quello che sarà più o meno tutto l'album. Oscurità "metropolitana" a tempo sostenuto. La chitarra si fa sentire subito, quasi un avviso per farci capire che il livello sarà quello nel disco. E poi l'esordio della voce sicuramente molto buona, brava Debra! Qui non si cerca mai di essere molto pesanti nel sound, non si cerca la voce a corde vocali completamente divaricate, non si tende a dare quel tono di ufficialità dark cercando di imitare le vecchie band. Qui si cerca di creare un'atmosfera felina e le nostre ragazze, da buone pantere quali sono, ci riescono alla grande. Tornando a Debra, c'è da dire che si gioca molto bene la voce, mantenendola bassa, calda e avvolgente ma molto molto femminile. Quando sale di tono è tremolante, un po' da esaurita, ma sempre bellissima. Il ritornello del brano è un'inquietante ninna nanna molto ben interpretata. Insomma, un seccesso giustificato.

La successiva "In Dreaming" è una suggestiva suite tastieristico/atmosferica accompagnata bene da tutti gli strumenti che fanno poco testo però, mentre invece è molto ben cantata. Qui siamo vicinissimi ai London After Midnight, nei loro pezzi più maniaci e dolci al contempo, quelli che farebbero la loro ottima figura in accompagnamento ad una favoletta dark.

Eccoci all'episodio meglio riuscito dell'album: "Enslaved". Davvero un'ottima canzone, cupa, oscura, graffiante... un giochino di tastiere la rende sempre molto stuzzicante, chitarra e basso la rendono dura, Debra canta decisa e la batteria scrive un tempo tipico dei pezzi gothic rock più veloci. Una piccola perlina dark che questo album ci regala.

Successivamente l'album si fa a volte più oscuro, a volte più melodico... c'è da dire che hanno lavorato molto bene in studio, infatti, alcuni inserti elettronici non danno affatto fastidio ma si integrano benissimo con il sound complessivo. Suggerirei di ascoltare tutto l'album, perchè è molto piacevole, e divertente. Tra le altre, consiglio di ascoltare "You Are The Psycho" con effetti decisamente anni '80 nel drumming e con un tono generale del brano molto interessante.

Concludo ricordandovi che sicuramente il mio voto è arrotondato per accesso, ma in fondo questo disco merita.

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