A volte il tempo deve passare.
Dj Shadow torna dopo circa sei anni dal suo debutto “Entroducing”. Lo fa in maniera assolutamente geniale, libera, lieta e gaudente.
Non potevamo lusingare ulteriormente il suo ritorno, e queste tredici nuove tracce facenti parte di “The Private Press” sorprendono per la seconda volta, percorrendo lidi differenti e complementari, dipingendo atmosfere unite da un’unica filosofia inimitabile, riproponendo il concetto iniziale di natura alternativa originaria dell’hip hop senza bisogno di mega produzioni o effetti scenici da colossal, semplicemente utilizzando la testa e le mani.
Dj Shadow scrive un album perfetto, questo “The Private Press”, aggiungendo agli ingredienti di partenza centinaia di samples ed ambientazioni sonore questa volta particolarmente loungy e rilassanti, specificandosi come maestro e nello stesso tempo alunno di una corrente parallela di hip hop strumentale, break beat della nuova era sonora – prendendo spunto dalle folli eccezioni di Dj Krush ed arrotondandole alla sua maniera – partorendo un miracolo su tutti i fronti, dalla electrobreakdance di “Walkie Talkie”, eredità di Afrika Bambaataa e Mantronix, a momenti d’introspezione musicale come “Giving Up The Ghost” o la sofisticata “Six Days” (uno dei pochi momenti di forma canzone di tutto il disco), alla dilatata liquidità dub di “Monosilabik”, fino a cambiare perfino d’identità durante “You Can’t Go Home Again”: qualche spunto new wave ed il gioco è fatto.
Dj Shadow stupisce nuovamente con un album di assoluto rispetto e valore, capace di trasformarsi ogni qual volta gli si dedica spazio e tempo, insinuandosi nel lettore come ‘semplice dischetto di musica elettronica’ e sostituendosi sagace a magistrale esempio di monologica originalità.
Se in “Entroducing” era il debuttante che stupisce, nel progetto UNKLE il comprimario ed il filosofo, in “The Private Press” è l’astuto e saggio consigliere per un lungo viaggio immaginario.
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