Come spesso accade, John Zorn, oltre che essere un degnissimo sassofonista/frontman/dittatore per innumerevoli band di orientamento avant-klezmer-noise-metal (...), si cimenta nello scovare artisti dei panorami musicali affini al suo, allo scopo di pubblicarne le opere. Ora che la sua casa discografica di riferimento è la Tzadik, ad alcuni progetti passati - e in questo caso, all'etichetta Avant, che pubblicò tre LP dei Naked City - è difficile arrivarci attraverso il classico negozio di dischi. Ci vuole pazienza, e la voglia di spendere svariati euro, per queste maledette edizioni giapponesi.
Però, insomma, dopo un volo intercontinentale, il disco arrivò dritto dritto nel lettore cd della mia cameretta, con il suo scarsissimo minutaggio (29 minuti) e con le mie aspettative, gonfie come poche volte. Un disco dei DNA non si vede spesso in giro, e io non li avevo mai ascoltati prima. Ebbene, l'effetto fu spiazzante: un incrocio tra Derek Bailey, gli Einstürzende Neubauten più astratti del primissimo periodo e la concisione dei Ramones. La registrazione è molto pulita, forse anche troppo per testimoniare un qualcosa di selvaggio e scarno. I tre DNA sono Arto Lindsay, nato in Virginia, ma brasiliano di adozione, Tim Wright, bassista preso in prestito dai Pere Ubu, e Ikue Mori, in versione batterista prima della conversione al laptop. Tutti e tre, a distanza di decenni da quella sera del 25 giugno 1982, mostri sacri. L'idea è questa: Ikue Mori e Wright "sostengono" i pezzi, rendendoli minimamente formati, mentre Lindsay cerca di distruggere il tutto con i suoi lirismi cacofonici (sia vocali che chitarristici).
La parola d'ordine è fare spazio a qualcosa che (allora) era nuovo, e sottolineano con forza il concetto: "Newest Fastest", "New New", "Brand New", New Fast", "New Low"... Spigolosità, rabbia, atonalità forzata, ritmi per niente rock, ma al 100% selvaggi, alla ricerca del suono "senza onde", o No Wave. La città, New York, era quella in cui, in quei mesi, circolavano band del calibro di Sonic Youth, Swans, o maestri del rumore sinfonico come Glenn Branca. Se vogliamo, una risposta meno intellettuale rispetto a quella degli europei Einstürzende Neubauten e Throbbing Gristle, ma più ruvida, diretta. De gustibus, a me piacciono entrambe le versioni di quella (breve) corsa all'esistenzialismo-nichilismo musicale.
Dare un voto, qui, è abbastanza complicato, per una serie di fattori che ho già sostanzialmente elencato: poco materiale (eppure, nel 1993, questo era il documento più lungo dei DNA!), ed una innata simpatia per Arto Lindsay e per i suoi eclettismi (Golden Palominos, Ambitious Lovers), per cui mi tengo su un tre stellette e mezzo-quattro, contenti?
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