“Non si può stare chiusi in incubo, non se ne può più del pessimismo cosmico”

Da “Il viaggio”

Ritorno nei meandri della musica italiana, anche di quella inaspettata.

So che per molti Dolcenera possa suonare come un nome tronfio e (fintamente) pretenzioso, da associare alla solita cantante italiana che fa le cose a cazzo. Invece, devo dire che questo album é una perla, o meglio una stella, per rimanere in tema, e brilla forte.

Quando possiamo considerare un disco riuscito? Per me il fattore principale é, solitamente, l’ispirazione, la necessità di creare arte non per un semplice egocentrismo e nemmeno per mangiare, ma per un evidente bisogno di espressione. Il secondo punto é, sempre per me, un modo di esprimere i propri concetti in maniera personale e adeguata agli stessi.

Che Dolcenera, che da sempre canta e suona sopra la media, avesse bisogno di fare uscire questi pezzi (ci ha tre anni per farli uscire) e che ogni minimo dettaglio sia stato curato maniacalmente, mi pare fuori di dubbio. L’album ha qualcosa da dire e lo fa utilizzando i suoni pop-elettronici del momento (perché no nel pop?) insieme a testi perlopiù ispirati, utilizzando al meglio la potente voce dell’artista.

C’é da dire che é un album pieno di energia, le ballate sono l’eccezione.

“Niente al mondo”, ad esempio, é un pezzo dal ritmo tribale con un trionfale set di fiati che crea una bella atmosfera disco, che ti fa venir voglia di muovere le gambe. Certo le velleità da paladina della giustizia di alcune parti del testo sono abbastanza naïve (versi come“se non c’é un futuro, lo inventeremo” fanno un po’ sorridere). Va meglio, quando si parla d’amore e ad esempio “Immenso” é un gran pezzo, con un ritornello pianistico/elettronico in cui la cantante dimostra di non aver paura di confrontarsi con un’elettronica più sensata (e di avere una gran voce, che non guasta)

Il top del disco é rappresentato dalla versione (leggermente) dubstep di “Amore disperato” che dà un alone di modernità, senza tralasciare la fedeltà al pezzo, “Fantastica” un pezzo dance che, in inglese, avrebbe probabilmente fatto il botto a livello internazionale (e che é nella mia playlist per lo spinning da anni ormai) e “Ora o mai più (le cose cambiano)” ballata pianistica arricchita da archi leggeri che ti trasportano in un atmosfera autunnale in cui ci viene voglia di infilarci il cappottino pure ad Agosto. Molto interessante anche l’utilizzo di cori che sembrano provenire dallo spazio e che sfumano in note altissime.

Insomma, un album pop italiano che lascia soddisfatto anche chi, come me, crede che in Italia un determinato pop, per eccesso di seriosità (attenzione, non serietà), sia difficilmente possibile senza trascendere nel reagetton o in cose plasticose.

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