Signori e signore… Ladies and gentlemen… A voi Don Byron & Existential Dred!
Don Byron è un jazzista newyorkese, un clarinettista attivo dall'inizio dello scorso decennio (appartenente alla scena sincretista). Questo Nu Blaxploitation è il suo sesto album ed apre il contratto con la Blue Note, storica etichetta jazz. Ad accompagnarlo in questo lavoro troviamo gli Existential Dred, backing band riunita per l'occasione e guidata dal pianista e sperimentatore Uri Caine (nome che evocherà something anche a chi, come me, non è un esperto di jazz).
Il disco si presenta come un'opera sfaccettata, capace di mettere d'accordo una varietà piuttosto ampia d'ascoltatori: a tenere contatto col jazz rimane il fantastico Byron col suo fidato clarinetto ed uno spirito sempre teso all'improvvisazione, mentre sono molte le influenze che rendono l'album più speziato.
Già il titolo è splendido con i suoi rimandi al sound morbido e torbido della black anni settanta.
Ma le sorprese sono tante, a partire dalla presenza costante ed invadente di Sadiq che rima e poeta su tutte le canzoni. Per non parlare di quel basso carnoso e di quella batteria adrenalinica e davvero libera di fare ciò che vuole: insieme formano una strabiliante sezione ritmica, perfetto sfondo sopra il quale si ergono le liriche del sopraccitato Sadiq e soprattutto i meravigliosi assoli del titolare dell'album sempre sospesi tra cielo e terra, tra spirito e fisico.
I rimandi sono tantissimi e tutti frullati genuinamente per ottenere una ricetta fresca ma rispettosa: da qualche parte è possibile trovare tracce del crossover dei Living Colour, dell'eclettismo di Miles Davis, di suoni latini, del groove mistico di Roy Ayers… Il primo nome che salta in mente è però Guru e il suo progetto Jazzmatazz, stessa fusione di suoni live anche se qui il beat è proprio assente e l'mc sembra essere molto ma molto più fuori (il flow è assai diverso: più rilassato quello di Guru, più frenetico e psichedelico quello di Sadiq).
Grandissimi pezzi sono l'interlocutoria "Alien" e la dondolante "I Cannot Commit" (forse i più accessibili); "Hagalo" è contagiosa grazie ai ritmi caldi del Sud America; "Dodi" è tenera e notturna; "I'm Stuck" è piena di germi rock e la cover di "If 6 Was 9" (Hendrix) è r'n'b per salotti culturali alternativi.
Ma il vero manifesto dell'album è la lunga "Schizo Jam": poche altre volte un titolo è stato così esplicativo… Pura libertà creativa, pura facilità di improvvisazione. Maestria e classe.
Talmente genuino da far stare meglio gli ascoltatori…
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