"A long, long time ago...
I can still remember how
That music used to make me smile.
And I knew if I had my chance,
That I could make those people dance,
And maybe they'd be happy for a while."
[...]
"I can't remember if I cried
When I read about his widowed bride
But something touched me deep inside,
The day the music died."
"American Pie" è un tributo a Buddy Holly e, contemporaneamente, una riflessione nostalgica su come, dopo la sua morte, il rock 'n roll abbia progressivamente esaurito l'originaria e viscerale attitudine a far ballare e rendere felice la gente (per un commento sulla canzone, in alternativa al sito indicato a lato, consiglio di visitare http://www.rareexception.com/Garden/Pie.php, che presenta un'analisi più snella).
Da questa semplice constatazione, si svilupppa poi una spirale di pensieri in libertà che gravitano attorno al punto focale centrale allontanandosene progressivamente, come in balìa di una lenta ma inesorabile forza centrifuga.
Libera associazione di idee insomma. Flusso di coscienza. Proprio in quest'ottica vanno viste le tonnellate di riferimenti storici a fatti e personaggi simbolo della cultura rock, dal leggendario James Dean a "The King" Elvis Presley, a John Lennon, ai Beatles, agli Stones, alla "girl who sang the blues" Janis Joplin.
Una sorta di "Hall of Fame" del rock, quasi a volerne ripercorrere le tappe salienti. Prima di tutto ciò comunque, "American Pie" è una gran bella canzone. Musicalmente parlando, il pezzo si snoda sugli usuali sentieri della musica country: pianoforte, chitarra acustica d'accompagnamento, sezione ritmica disciplinata e mai invadente. Timidi fraseggi di chitarra elettrica fanno capolino di tanto in tanto tra le pieghe della canzone: la lezione di Dylan è stata certo recepita ma i freni inibitori della tradizione rimangono comunque molto forti. Il cantato è ora morbido e sussurrante, ora trascinante e frenetico, in linea con l'andamento della canzone. Non mancano i tradizionali cori, realizzati presumibilmente con opportune sovraincisioni della stessa voce di McLean.
Fin qui, "Tutto mooolto bello", come direbbe un noto telecronista sportivo. Il problema è che nessuna delle altre tracce può reggere il confronto con la opening. E ciò inevitabilmente sgonfia il voto complessivo. Per giunta, la netta predominanza dello schema chitarra acustica - voce, la non straordinaria originalità delle melodie e la predilezióne per atmosfere soffuse e impalpabili, tende a produrre un appiattimento generale del sound dell'album, fino a sfiorare, in alcuni punti, la noia vera e propria.
Alcuni pezzi comunque meritano di essere segnalati: la sognante "'Till Tomorrow" e la successiva "Vincent", delicatissime, la vivace "Everybody Loves Me, Baby", che ha il merito di recuperare se non altro l'effervescenza di "American Pie", la conclusiva "Babylon", minuscolo cammeo (1 minuto e 40 secondi), accompagnato da banjo e cori solenni.
In estrema sintesi: buon disco ("American Pie" straordinaria), ma nel country c'è di meglio.
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