Quante sembianze può assumere il sogno americano?

Innumerevoli; e tra le tante, il trasloco dai bassifondi di Harlem ai grattacieli di Manhattan è quella in cui si presenta un bel dì alla famiglia Jefferson.

Ma, badate, il sogno americano nella sua accezione più nobile non è la fortuna piovuta dal cielo quanto il frutto del duro lavoro, ed infatti il capofamiglia George ha conquistato il suo posto sotto il sole della Grande Mela alto-borghese, arrivando a presiedere una catena di lavanderie («7 negozi, uno vicino a te» è il refrain preferito di George), dopo una lunga gavetta spesa a lavare gli altrui panni sporchi.

La famiglia Jefferson sbarca sul piccolo schermo della CBS nel 1975, quando ancora i telefilm non sono degenerati in sit-com e si permettono di avere per sigla un gioiellino come «Movin' On Up», e mantiene la posizione per dieci anni, ergendo a vessillo un politicamente scorretto che, magari, oggi può apparire innocuo ma quarant'anni fa no, proprio no.

Ruota (quasi) tutto attorno a George, un tipino bizzoso e perennemente imbronciato, le cui evidenti peculiarità sono la sfrenata avidità, l'egocentrismo che tutto esclude, il gretto maschilismo, il rabbrividente senso dell'umorismo, e questi sono solo alcuni degli aspetti che lo denotano in positivo.

Perché poi George ha anche i suoi lati negativi, che emergono nella sua giornata-tipo: si scaglia lancia in resta in accese filippiche contro i matrimoni misti, mirando al bersaglio prediletto dei Willis, i condomini simpaticamente apostrofati "zebre" (lui, Tom, è un bianco-viso-pallido, mentre la moglie, Helen, è nera); si diverte un mondo a sbattere la porta in faccia al vicino di pianerottolo Bentley o a passeggiargli sul fondoschiena per curarlo dal "colpo della strega" (e che Dio stramaledica gli inglesi!); ma se la prende anche coi fratelli neri, ai quali non risparmia mai lo spregiativo epiteto "negro" nei momenti in cui ha un diavolo per capello, cioè la maggior parte del tempo; e si fa teorico della lotta di classe, ogniqualvolta catechizza quell'ingenua della moglie Louise a non fraternizzare con gli inferiori, soprattutto se si tratta della cameriera Florence.

Perché di Florence, George ha una paura fottuta, visto che la domestica, ribaltando i ruoli, mette sempre e comunque i piedi in testa al padrone e non si fa scrupolo di trattarlo a pesci in faccia appena si presenta il motivo (e se è futile è meglio) per farlo. Che personaggio straordinario che è Florence, domestica scansafatiche (mai vista andare ad aprire la porta o rispondere al telefono, in oltre 200 episodi, impegnata com'è a sfogliare una rivista stravaccata sul divano del salotto o in qualunque altra attività che non costa sudore): straordinaria al punto che, quando la serie ormai volge al termine, i produttori mettono in cantiere uno spin off che la vede protagonista, ma che ha vita brevissima. Perché, senza George, Florence non ha ragione di esistere.

Ma se Florence è il più luminoso, tra i personaggi minori, non si può comunque sottacere di Louise "Wizzie" (e se George è mister Hyde, sua moglie è il dottor Jekyll), sempre trafelata per porre rimedio agli sfracelli del maritino e resistere ai micidiali affondi della suocera Mamma Jefferson (se non vale Florence, poco ci manca), obnubilata dall'insana passione per il Bloody Mary; né dell'english man in New York signor Bentley, stralunato traduttore alle Nazioni Unite, che si diletta a narrare assurde storie familiari per la disperazione di George; né di Ralph, il portiere leccapiedi pronto a morire per una mancia di un nichelino; o di Charlie, il barista sempre disponibile ad alleviare le pene di George con l'ausilio dei fumi dell'alcool e ad elargire perle di saggezza.

E seppure le storie sono sempre le stesse e George sbraita «Porca zozza!» fino a farlo diventare un tormentone, il tutto garantisce sommo divertimento.

Talmente divertente, «I Jefferson», che passano in secondo piano anche le risate di sottofondo.

Talmente "avanti", «I Jefferson», da preannunciare (nel 1975!) l'ascesa di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti.

PS: Per chiunque non li conosca e giunto sin qui sia colto da un minimo senso di curiosità, «I Jefferson» sono in programmazione in chiaro sul canale digitale terrestre Canal One,ogni giorno per un paio d'ore verso le 17.00 e poi intorno alle 22.00. Buona visione.

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