Girato nel 1964 come remake televisivo del noir "I gangster" di Robert Siodmak, a sua volta ispirato a un racconto breve di Hemingway, "Contratto per uccidere" venne giudicato "troppo violento" dalla rete NBC e pertanto distribuito nei cinema come "Ernest Hemingway's The killers": titolo fuorviante, dato che il film di Don Siegel si mantiene distante dai precedenti sia di Siodmak che di Hemingway. Immerso nei colori allo stesso tempo freddi e sgargianti del Technicolor di Richard Rawlings, ritmato dalla regia secca e tagliente di Siegel, "Contratto per uccidere" è soprattutto una gelida rappresentazione dell'universo (im)poetico del suo regista, all'insegna della violenza, dell'inganno e della crudeltà.
Storia dei killer Charlie (Lee Marvin) e Lee (Clu Gulager), alla ricerca della somma di denaro sottratta alla loro ultima vittima Johnny North (John cassavetes), il film narra anche - attraverso la serie di flashback centrali - la storia dello stesso North, ex corridore di corse automobilistiche che dopo aver perso parzialmente la vista in una gara viene trascinato da Sheila (Angie Dickinson), la donna di cui è innamorato, in una rapina organizzata dal gangster Jack Browning (Ronald Reagan).
La ricerca del denaro finirà con un massacro generale, con toni più vicini alla tragedia elisabettiana che a un Tarantino ante litteram. Il pessimismo di Siegel non potrebbe essere più radicale: dietro il suo stile, asciutto fino all'astrazione, si cela il ritratto agghiacciante di un mondo privo di morale e soprattutto di emotività, dove tutti tradiscono tutti in nome del proprio tornaconto. Dal cinismo romantico di Siodmak si è passati a un nichilismo senza via di scampo: coerentemente, la dark lady "marcia dentro" ma ancora capace di sentimenti dei noir classici è divenuta un'avida ingannatrice disposta a tutto in nome del denaro. Johnny North, unico personaggio con una qualche umanità (l'interpretazione del grande John Cassavetes è straordinaria nel dare calore e verità al personaggio) finirà inevitabilmente per essere stritolato fra i gangli di un mondo così spietato: dopo aver perso tutto (la vista, l'amore, il denaro) potrà soltanto aspettare in silenzio i due killer venuti a farlo fuori, con la consapevolezza "di essere già morto" da tempo.
Siegel ci introduce in questo universo senza indugi, con una brutalità che non ha eguali nel cinema classico americano. L'incipit - l'assassinio di Johnny North in un asilo per cechi, compiuto dai due killer con la metodica tranquillità di chi fa il proprio mestiere (questo sì, molto tarantiniano) - è una pagina da antologia, fenomenale per ritmo, cadenza, uso quasi espressionista del colore e delle inquadrature. In seguito lo stile si fa meno concitato e più tranquillo, senza peraltro perdere in asciuttezza, con un'indimenticabile impennata finale.
La mirabile abilità del regista, qui davvero in uno dei suoi (non rari) stati di grazia, è supportato da un degnissimo gruppo di attori: oltre a Cassavetes, alla "faccia di legno" del mitico Lee Marvin, alla brava e bellissima Angie Dickinson, non si può non menzionare il futuro presidente Ronald Reagan, roccioso ma efficace, qui alla sua ultima interpretazione cinematografica e al suo unico ruolo di cattivo (di cui in seguito, pare, si sia fortemente pentito).
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