Qualcosa di più del semplice film d'ambientazione carceraria.
Tutto il calvario che il vecchio Don Siegel racconta dal primo all'ultimo fotogramma, non ha la fretta di arrivare all'evasione del titolo, perlopiù concentrandosi sul tratteggio del realmente esistito Frank Morris, sul disegno psicologico di questi e il suo relazionarsi con l'ambiente da cui, teoricamente, è impossibile fuggire (non per nulla soprannominato "The Rock", la roccia).
Morris è la sintesi dei personaggi di Siegel: come il Charley Varrick dell'omonimo bellissimo film, un uomo astuto il cui quoziente intellettivo superiore gli permette di osservare, taciturno, quanto i suoi occhi di ghiaccio filtrano (dai compagni di cella, con alcuni dei quali fraternizza, alle guardie, alle mura del penitenziario, sino alle quattro pareti della sua cella d'isolamento). Una figura senza passato e senza famiglia, come lui stesso dice: caratteristiche che, però, ne fanno indubitabilmente un vincitore, conferendogli la possibilità di osare l'inosabile senza dare nell'occhio, e uscire da Alcatraz premiato dalla grazia, secondo strategie accuratamente studiate nei minimi particolari, ma anche mezzi di fortuna.
Se l'ambientazione rientra a piedi pari nel filone carcerario, secondo tipologie e stilemi che di esso si conoscono (la durezza delle istituzioni, l'arroganza dei secondini, il sadismo del direttore, ecc.), proprio la preparazione della fuga è al centro d'una seconda parte catartica, dalla messinscena casta e scarna, tutte le volte che la m.d.p. si sofferma su gesti e dettagli, perchè è questo ciò che interessa.
In "Fuga da Alcatraz", nel pieno di un cinema americano di stampo classico e tradizionale, s'inoltra lo stile poveristico, modernissimo e inconfondibile del più estatico dei cineasti, Robert Bresson, in particolare di "Un condannato a morte è fuggito".
E nell'ultima collaborazione con l'amico Siegel, Clint Eastwood regala una delle migliori interpretazioni, la cui controllatissima freddezza, mai tanto in parte e funzionale al contesto, trova il varco vincente di un'opera silenziosa, monastica, serrata, irrinunciabile.
Frank Morris è l'eroe "siegeliano" per eccellenza: un uomo apparentemente sottomesso, piegato, "inserito", ma che in realtà finge di accettare le regole del gioco solo per rendere ancora più netta e inequivocabile la sua ribellione. Fuga da Alcatraz è un film asciutto, misuratissimo, completamente privo di fronzoli (come nello stile di Siegel), eppure ricco e cinematograficamente impeccabile. L'ultima collaborazione tra Eastwood e il maestro Siegel è forse il risultato più alto del loro connubio artistico (assieme a "la notte brava del soldato jonathan" e "dirty harry"), nonché, in assoluto, un capolavoro senza tempo.
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