Penso di sapere come si sentisse Donovan nel 1976, e di certo non si può dire che se la passasse granché bene: i suoi album sono un fiasco dietro l'altro, insuccessi in larga parte immeritati e il suo contratto discografico con la Epic volge ormai al temine, ancora un album e poi il rapporto potrà dirsi concluso. Dopotutto questa grande major negli anni precedenti aveva ampiamente dimostrato un totale menefreghismo nei confronti di Donovan, ed entrambe le parti non vedono l'ora di chiudere questo legame ormai infruttuoso; se si pensa a questa tipologia di album, realizzati da artisti alle prese con un contratto da risolvere vengono in mente selle vere e proprie schifezze come ad esempio "Leather Jackets" di Elton John, album concepiti con la più infima risciacquatura del barile solo ed esclusivamente per obbligo di firma. Bene, questo non è assolutamente il caso: Donovan, da artista intelligente quale è sempre stato capisce che la sua casa discografica non l'avrebbe promosso in alcun modo, inutile quindi tentare un altro assalto al grande pubblico come lo era stato "7-Tease", e se ne esce con un album "per pochi intimi", uno stupendo disco folk dedicato a tutti quelli che non hanno mai smesso di seguirlo e di amarlo.

"Slow Down World" è un album realizzato con il cuore: si sente, lo si percepisce in ogni singola vibrazione delle nove canzoni che lo compongono, Donovan non prova più a cavalcare l'onda dei tempi e "Slow Down World" è un disco che di tempo non ne ha: semplice, ma non povero, anzi, caratterizzato da una notevole raffinatezza e gusto stilistico, caratterizzato da un suono pulito, sereno, morbido, trasparente, alla ricerca di una nuova essenzialità. Questa descrizione può riecheggiare le stesse linee guida del non eccezionale "Essence To Essence" di qualche anno prima, ma il confronto tra questi due album semplicemente non esiste: "Slow Down World" è proprio su un altro pianeta: l'atmosfera suggestiva e rarefatta di "Dark-Eyed Blue Jean Angel", ballata acustica accompagnata dal flauto e da orchestrazioni avvolgenti trasporta l'ascoltatore in una dimensione sonora fatta di echi, visioni, melodie lontane, quasi esotiche e sfumate, che affiorano anche in sue cover del suo amico e maestro Derroll Adams: una raccolta, estatica ed idealista "The Mountain", in cui Donovan incanta con la sola chitarra acustica accompagnata dal canto dei passeri e "My Love Is True", più greve ed incalzante, che assume le affascinanti sembianze di una cadenzata danza russa, pregna di una caratteristica epicità drammatica conferita da sinuosi archi. Queste atmosfere ipnotiche raggiungono il loro climax con la melodia serpentina di "Black Widow", un'insinuante melodia vellutata ed echeggiante, instabile, impreziosita da un cantato di maligna eleganza ed intrisa di una raffinatezza assoluta sotto tutti i punti di vista, che si perde in un'inquieta coda strumentale.

"Slow Down World" ha anche un'anima più estroversa che si esprime soprattutto con "Cryin' Shame", piacevolissima e morbida folk ballad accompagnata dall'armonica e sostenuta da cori che accompagnano la voce di Donovan rendendo meno amaro e rassegnato il testo della canzone, e soprattutto un inno alla fratellanza universale come "Children Of The World" che, nonostante sia l'episodio più limitato e sicuramente più ruffiano dell'album si fa apprezzare per l'accattivante andamento delle strofe (che si perde in un chorus troppo enfatico) e per un bel riff di chitarra, e riesce ad esprimere stilemi che saranno ampiamente usati ed abusati negli anni a venire ("We Are The World", "Heal The World" e via discorrendo) con molta più classe, sincerità e mancanza di scopi lucrativi. Di contro, la lunga ed elaborata "A Well-Known Has Been" esprime in maniera molto diretta ed esplicita il senso di frustrazione dell'artista: questa canzone rilegge in maniera squisitamente personale le sonorità disco-funk molto in voga all'epoca, avvalendosi anche dei cori soul tipici di "7-Tease", ottenendo un brano ritmato ma apatico, amaro, difficilmente ballabile e di indubbia originalità. Il compito di chiudere l'album spetta ad una ballata dolcissima, toccante, semplice, quasi una ninna-nanna introdotta da un carillon, ovvero "Slow Down World", degna del miglior Ralph McTell seguita da una breve, divertente e ritmata "Liberation Rag", tradizionale folk americano restilizzato in chiave Donovan.

Questo meraviglioso album, come ho già detto in precedenza, è il migliore degli anni '70 di Donovan insiema a "7-Tease", e si tratta di due dischi che si completano vicendevolmente: l'istrionico musicista pop a tuttotondo dell'album del 1974 e il menestrello gentile e sensibile di "Slow Down World", che comunque è a sua volta un prodotto vario, eclettico, ricco di influenze e soprattutto eccellente sotto tutti i punti di vista: questo è l'ultimo album da 5 stelle per Philip Donovan Leitch (anche se "Neutronica" del 1980 ci si avvicina parecchio), considerabile anche come l'album della maturità definitiva, della saggezza e dell'equilibrio.

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