Poniamo che sia un periodo di quelli in cui se vi succede qualcosa di bello, la prima cosa alla quale pensate è: bene, peccato che non durerà. Supponiamo che vi telefoni un amico che avevate quasi dimenticato e che sentiate la voglia di andarlo a trovare. Davanti ad una tazzina fumante argomenti più o meno insulsi e, tra le altre cose, anche il consiglio appassionato e focoso di un libro. Immaginiamo per assurdo che, tra i mille e foschi pensieri che attanagliano una persona in tale stato d’animo, il ricordo dell’autore e dell’opera non svaniscano nel viaggio di rientro. E sempre per un’ improbabile coincidenza ipotizziamo che proprio davanti alla macchina che avete parcheggiato ci sia, assieme ad una multa svolazzante imprigionata nel tergicristallo, anche una libreria.

La vostra giornata allora cambierà.

Leggevo e mi sembrava di essere tranquillo sotto l’ombrellone con la brezza piena di iodio a schiaffeggiarmi leggermente la faccia. Rilassato a ridere di gusto e continuare a pensare che sì, era proprio quello che ci voleva. Non riuscire a smettere di ridere e dover alla fine andare fuori dalla biblioteca. Quella nella quale silenti e tristi studenti si impegnavano a far finta di studiare mentre invece aggiornavano il loro profilo con le cuffie che cercavano, senza risultati degni di nota, di attutire pessimo metallo pesante.

Passata la metà del libro ero certo che il meglio fosse stato messo proprio all’inizio ed in effetti quell’incipit ha tutto. Il cambio di focus dal micro al macro, il riprendere la medesima struttura per chiudere un cerchio da compasso, il palesare tutta l’insignificanza del nostro vivere antropocentrico con humor alla Monthy Python dei tempi migliori. Vorrei averlo scritto io e credo che a molti sia balenata la stessa sensazione mentre rileggeva ancora una volta, sempre più appagato, dall’inizio.

Ero sempre più convinto che il meglio fosse già passato mentre continuavo a veleggiare veloce verso la fine. Ghignavo di gusto con Marvin, Ford, Arthur, Zaphod e Trillian e non avevo minimamente capito che in realtà l‘autore, con un giro molto ampio e complesso, stava costruendo una chiusa a dir poco memorabile. Capace di farmi piegare dal ridere e spingermi ad andare alla prima ricevitoria: 42. Cazzo, 42!

Acuto, brillante, volutamente confusionario per trama è un prodotto pregno di un humor sarcastico e privo di parolacce: così gratificante che, al momento, mi sembra addirittura quasi privo di difetti. 9 euro e queste 200 pagine asciugate in un pomeriggio mi hanno cambiato lo stato d’animo. No, tu “Guida Galattica Per Gli Autostoppisti” non te ne starai sullo scaffale impilato con gli altri. Rassegnati perché starai qui, non più distante della portata di un braccio.

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