"Sospesi a metà fra l'inconcepibile immensità cosmica dello spazio-tempo relativistico e il guizzare elusivo e indistinto di cariche quantiche, noi esseri umani, più simili ad arcobaleni e miraggi che ad architravi e macigni, siamo imprevedibili poemi che scrivono sè stessi - vaghi, metaforici, ambigui, e a volte straordinariamente belli" (Douglas R. Hofstadter)

Fra gli obbiettivi della scienza, non penso che esista niente di più complicato, più "impossibile da spiegare", dell'origine e della natura della coscienza. Forse l'unico altro problema di pari complessità è quello dell'origine dell'Universo, chè forse in fondo sono la stessa cosa (ma questo cercherò di spiegarlo più avanti).

Perchè?

Perchè la caratteristica tipica della coscienza è la soggettività.

Cerco di chiarire.

Facciamo finta che nel 2039 siamo riusciti a creare un cavallo da corsa "artificale", ovvero una imitazione davvero perfetta di un cavallo vero, "naturale". Come possiamo arrivare a concludere, una volta che il cavallo è bello e pronto davanti a noi, che l'imitazione è davvero perfetta? Semplice.

Tanto per cominciare lo facciamo cavalcare da 200 (ma questo che do ora ed i numeri che darò in seguito sono giusto a caso) persone. Se risponde in maniera assolutamente realistica ai loro comandi, se nitrisce, se dopo 60 chilometri di corsa si deve fermare per riposare, se puzza di sudore come un cavallo, se dopo aver bevuto e mangiato 5 chili di biada è in grado di riprendere la corsa, se insomma si comporta come un cavallo vero, allora l'imitazione è davvero riuscita.

Ma come la mettiamo con la coscienza, assumendo che i cavalli veri ne abbiano una?

E' sufficiente credere ai costruttori e dire che il cavallo è effettivamente cosciente, prova sensazioni, solo per il fatto che 200 persone osservano che quando lo frustiamo urla di dolore? Oppure che se lo accarezziamo fa le "fusa"? Oppure che mentre dorme gira vorticosamente gli occhi come a seguire il corso dei suoi sogni?

Bene, ora che ci siamo divertiti prendiamo il cavallo bionico e rimettiamolo nello scatolone.

Mettiamo al suo posto un essere umano "vero" e, dopo avergli dato un bel cazzotto in testa o avergli detto che la sua squadra di calcio del cuore è stata brutalmente bastonata nel derby, facciamoci la stessa domanda.

Ha provato davvero qualcosa a seguito del pugno in testa e della notizia ferale sul derby?

E' chiaro che in questo caso ci sono due strade possibili:

1) Credere "per fede", anche se non posso osservarlo "dall'interno", mettendomi "al suo posto", che tale essere umano provi quelle sensazioni, quelle emozioni, speranze, dolori, ecc che, in base al suo comportamento, sembra provare. Che abbia insomma un'"anima", responsabile della sua vita interiore. Questa anima, fatta di una sostanza "spirituale", ha una esistenza, in me come in lui, di pari dignità, anzi superiore, a quella corporea e materiale

2) Negare che, nonostante il suo comportamento sembri suggerirlo, abbia una coscienza, abbia un'anima, provi davvero qualcosa, che abbia una "soggettività". Non basta un comportamento cosciente, perchè si abbia davvero una vita interiore. Un pò come non basta uno scatolone a forma di e pesante come un televisore, comprato a Forcella, come raccontava De Crescenzo, perchè dentro ci sia davvero un televisore

Il punto 2, davvero molto "black-metal", rappresenta la strada che porta al solipsismo estremo, ovvero solo Io ho davvero coscienza, probabilmente tutti gli altri vivono in un mio sogno, sono solo come un cane in questo buio infinito, l'universo è nato quando sono nato io e finirà quando morirò (se mai succederà), sono Dio.

Il punto 1 rappresenta invece la posizione del buon senso comune, in particolare quello della "morale sociale" ed in particolare "cristiana".

La strada scelta da Hofstadter (e dai suoi sodali Dennett, Metzinger, etc) rinuncia a qualcosa di fondamentale per posizionarsi a metà strada fra le due, ed è la seguente:

1.5) Quel qualcosa/qualcuno che io, non meno che gli altri, sento di essere, soggetto (ma anche oggetto) delle mie sensazioni ed emozioni, bla, bla, bla, è reale come .... uno spettacolo teatrale, basato su un magico copione, che, ogni qualvolta è messo in scena da un gruppo selezionato di attori, fa apparire all'interno del teatro, come per magia, non solo, sul palco, un bellissimo allestimento scenografico e una storia appassionante ma anche, per incanto, in platea, uno spettatore/regista, l'unico possibile, venuto fuori chissà da dove.

Quello speciale copione è la vera essenza del mio io.

Quello spettatore/regista venuto fuori chissà da dove è il mio io cosciente.

Ed infine, l'autore del copione, riscritto ed aggiornato continuamente, è un pò tutti quanti, attori, teatro, spettatore, regista, come anche la folla fuori dal teatro.

Questo è il fulcro, l'"anima", di questa teoria che nega qualunque sostanza spirituale all'anima umana (ed in genere animale), negandole un'esistenza oggettiva, che spiega i caratteri soggettivi della coscienza, incluso l'Io, semplicemente dichiarandoli opere di pura magia ad opera della Natura, considerandoli pure illusioni "private" per un unico "privilegiatissimo" spettatore.

Che poi questi illusori spettacoli, questi "arcobaleni e miraggi", si formino, per poter osservare se stessi, ad imitazione di strani anelli "goedeliani", che nascano, crescano e diventino sempre più complessi ed intricati, come piante meravigliose, all'interno dei cervelli animali (in particolare umani) con il passare degli anni, che i copioni-io si possano propagare da un cervello all'altro e come tali siano immortali (questa è la bella notizia), e che, in quanto propagabili, potrebbero in un lontano essere estratti da un singolo cervello umano ed essere fatti girare anche in più cervelli sintetici in parallelo, sono solo dettagli che potete trovare nel libro.

Buona lettura a tutti gli "arcobaleni e miraggi" curiosi ma sopratutto coraggiosi.

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