Il più grande nemico dell'uomo, impossibile da sconfiggere, è il tempo. Scorre in una clessidra pressoché infinita, lo circonda e assorbe, in un gioco di attrazioni e repulsioni sulle dimensioni di passato, presente e futuro. Questo, in breve sintesi, è il concept che sorregge il nuovo lavoro dei Downfall of Gaia, quartetto tedesco che oramai si inserisce in quel filone di black metal infarcito da influenze più o meno evidenti di altre scene musicali, affini e non. Un'ora e manciata di secondi in più per catapultarsi in un mondo piuttosto opprimente e viscerale, dominato da un'incessante miscela di rimembranze crust (che appartengono al dna della band) e post hardcore, nella quale con disperata veemenza cerca più volte di far capolino la drammaticità della proposta.
L'intensità che invade fin dai primi sussulti "Aeon Unveils the Thrones of Decay" è magnificente nella sua desolante realtà. Un'arida constatazione di tutto ciò che il tempo prende e rapisce eternamente, lasciando l'individuo spoglio nelle sue debolezze interiori. Ogni passaggio lungo le sette composizioni è un piccolo arco narrativo che contribuisce alla storia globale e al leit motiv ossessivo e ripetitivo del platter. Perché sì, le cavalcate fendono, tagliando trasversalmente gli attimi più concitati con quelli di falsa quiete costruiti grazie a un songwriting decisamente ispirato, che non cade in cliché e che va pian piano ad accrescere la ricchezza della carriera dei Downfall of Gaia. Le urla sono strazianti, rauche e senza alcun accenno a compromessi liberatori. Decadenti e abrasive si fanno voce di una malinconia celata dietro il senso d'impotenza che il tempo causa. Si cambia, le persone attorno cambiano con l'evolversi della vita e si rischia di finir in una soffocante situazione in cui i volti familiari diventano stranieri. Si ha la percezione che tutto sfugga dal proprio controllo, si renda evanescente nei confronti della macchina perpetua delle lancette che scorrono impietose. Così non è raro che i pezzi seguano quest'andamento, dove alle sfuriate accecanti si contrappongono rallentamenti e melodie che si trascinano stancamente verso la fine. Un alternarsi di sguardi a chi si era, si è e si sarà, in un'ansia descritta dagli attimi d'oblio dalle tinte reminiscenti di soluzioni ambient nell'epicità che contraddistingue le due tracce di chiusura "Whispers of Aeon" e "Excavated". Quest'ultima strumentale e per chi scrive vera perla in grado d'innalzare un album che nella sua compattezza rischia d'esser fin troppo frastornante.
I paesaggi pregni di ombre e cupi luoghi disegnati dagli intrecci dei nostri non scompaiono mai e inquietamente riappaiono scontrandosi con la pesante morsa voluta dai toni apocalittici del wall of sound più feroce. È una prova di forza questa dei Downfall of Gaia. Non avranno la profondità espressiva di altri artisti del genere, ma le atmosfere così marziali e annichilenti s'incastrano perfettamente nei tasselli intimi che saturano l'album in modo tale da far sprofondare l'album in una dimensione trascendentale e ipnotica, dove sì l'etereo prende il sopravvento, ma il mondo che si costruisce è alla rovina e si disintegra pezzo per pezzo sempre sotto il vigile ticchettio dell'orologio. Le fiamme avvolgono il tutto e quello che brucia son gli ultimi tocchi di un pianoforte che si fa sempre più distorto e ci riaccompagna apprensivamente nella realtà, staccandoci dall'immaginario del disco.
"We are walking shadows on a journey through life that is covered with loss, unexpected changes and dealing with unwanted circumstances. Men talk of killing time, while time quietly kills them."
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