Quando un genere diventa tendenza, fanno la loro comparsa sul mercato milioni di cd inconsistenti, che l’ascoltatore della domenica compra nei centri commerciali abbandonando fior fior di euro nelle tasche di sedicenti artisti incapaci di qualsiasi slancio comunicativo. Comprando questo album di Dr. Dre, difficilmente potrete pentirvi dei soldi spesi.
Con il suo stile inconfondibile, il G-Funk (rielaborazione personalissima del funky-groove derivato da George Clinton e The Parliament), Dre ha rivoluzionato il sound della West Coast, affermandosi come uno dei migliori producer nel campo Hip-Hop. Padre fondatore della formazione hardcore N.W.A. insieme ad Ice Cube ed Eazy-E; e della Death Row Records di Suge Knight, Dr. Dre è un Mc di scarsa abilità, il suo rhyming è semplice, spezzato, lento, ma il suo grande talento di produttore permette la realizzazione di un album perfetto sotto ogni punto di vista: le liriche provocatorie, violente e misogine, gli intermezzi comici e le melodie orecchiabili, rappresentano lo stampo perfetto per l’album Hip-Hop di successo. Dre conosce i suoi limiti di fronte al microfono, lasciato allora in mano ad uno Snoop Doggy Dogg praticamente onnipresente, che quando non lascia fluire le sue rime sulla base corre a rafforzare i cori, perfezionando così ogni traccia grazie al suo flow irresistibile.
In un album senza cali (ma forse la prima parte è migliore), segnalo in particolare cinque song da ascoltare e ri-ascoltare: "Fuck wit Dre Day (and everibody’s celebratin’)", "Let me Ride", "Nuthin’ but a “G” Thang", "Deeez Nuuutz" (esilarante l’intro, non riesco bene a seguire il discorso, ma sembrerebbe una sorta di scherzo al telefono!) e "Lil’ Ghetto Boy".
Se proprio devo trovare una pecca nella produzione di Dr. Dre, direi che è eccessivo l’utilizzo che fa di alcuni loop o patches (prendete alcune sue linee di basso: è solito riciclarle in più pezzi, se si ascolta Doggystyle di Snoop Dogg è facile riconoscerne una in Who Am I), rischiando di dare alle tracce una certa aria di già sentito. C’ è da dire, però, che l’ hip-hop è l’arte del riciclo, del campionamento ossessivo (e ripetitivo), ed in questo Dr. Dre è un vero maestro.
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