Un po' di sana ignoranza, spesso e volentieri, ci vuole. Appena finita la sarabanda del progressive rock, e un paio d'anni prima della devastante onda punk, i britannici Dr. Feelgood arrancano tra un pub e l'altro, tra una bettola ed un tugurio da ubriaconi. Venne coniato per loro, o almeno utilizzato in maniera non certo lusinghiera, il termine pub-rock. Tutto ciò perchè la psichedelia aveva spalancato le porte della mente, il progressive aveva elevato i musicisti freschi di studio a nuove divinità, e poi? Un gruppetto di mezzi alcolizzati che riproponevano vecchi brani rock 'n' roll, r 'n' b, blues con foga poco ortodossa e divertimento palpabile, non poteva essere una cosa seria.

Ed infatti, a parte un colpaccio con il live "Stupidity" del 1976 (toccò persino il vertice delle classifiche inglesi), rimaseo per sempre un gruppo di serie C. Come le commedie all'italiana che facevano il quasi-pienone nello stesso periodo nel Bel Paese. Stessa sanissima ignoranza. E la musica sbattuta in faccia al pubblico, il solito centinaio di persone affollate nel pub, era una commistione energica ed infuocata di puro rock, anche nel ripescaggio di sonorità bluesy, coadiuvate dall'armonica del frontman Lee Brilleux. Classici minori come "Roxette", la mitica e dopante "She Does It Right" e la strisciante "Milk And Alcohol". Canzoni da pre e post sbronza, eccitanti ed elettriche.

Lo status di "simpatica banda di beoni" rimane tutt'oggi un pregio, una spezia in più per immergersi nell'atmosfera dei 3 minuti a brano, della ritmica basilare e, soprattutto, la chitarra del folle Wilko Johnson; quest'ultimo uno spettacolo a parte nelle esibizioni dal vivo della band, col suo deambulare scattoso a metà tra il cazzeggio ed il sociopatico.

Per farsi un'idea del gruppo, interessante è questa mega raccolta di 3 dischi "Singled Out", contenente i classici, le esibizioni dal vivo più "calde", alcune rarità. Niente di più da un gruppo di questo genere, ma il poco che dà soddisfa e sazia, a patto di non cercare qualcosa di più del semplice disimpegno. Ma, d'altronde, se voglio acculturarmi mi vado a risentire un "Lark's Tongues In Aspic", non un gruppo che si chiama Dottor SentirsiBene.

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