Alcune band hanno la fortuna di venire lanciate sul mercato che conta molto presto, grazie spesso ai contatti giusti al momento giusto e molto raramente con il solo aiuto dei propri mezzi tecnici. Così capita che la gavetta diventi molto lunga e magari non finisca mai, nei casi peggiori, ma per i Draconian questo non è avvenuto.
Dopo anni di demo (dal ’95), nel 2003 finalmente trovarono un contratto con la Napalm Records, alla quale sono legati tuttora, per incidere l’ album di debutto “Where Lovers Mourn”. Dopo questa premessa mi butto a recensire, paradossalmente, proprio uno dei loro demo.
“The Closed Eyes Of Paradise” risale al 1999 ed è il terzo di quattro demo (l’ultimo è del 2002), incisi dagli svedesi prima di ricevere un contratto discografico. Si tratta di un concept sulla discesa di Lucifero sulla terra, che personalmente trovo molto accattivante: la musica è di base doom, ma i frequenti inserti acustici e un forte presenza della voce femminile di Susanne Arvidsson mi fanno protendere più per il gothic.
Il disco si apre con un prologo: un arpeggio acustico, “Grace Fallen”, molto bello. Segue già una delle canzoni più belle del disco “Serenade Of Sorrow”: malinconica e molto melodica. Altra mini traccia acustica per dare maggiormente l’atmosfera del concept e ci rigettiamo nella cupa “Storm Of Damnation”. L’organo accompagna la voce sinuosa della cantante in “Unfold Thine Hands” e a seguire la canzone più vampirica del disco, la oscura “The Morningstar”.
Torniamo su ritmiche più doom con la successiva “The Gothic Embrace”. Dopo un intro raggelante, con l’organo che sale graduatamente e la voce cupa ed effettata che recita versi luciferini, “Cauda Draconis” prosegue e si dimostra la più malvagia di tutte. Inquietante nel titolo e nella musica, la nona traccia “The Armies Of Lucifer” evoca mirabilmente stormi di angeli dannati comandati dall’Arcangelo Ribelle pronti alla battaglia contro Dio.
Battaglia narrata nella canzone capolavoro dell’album “Storming Heaven”: grandiosa la melodia dell’organo che si staglia sulla base delle chitarre, a creare un atmosfera unica nel genere. La marcia trionfale di “A New Paradise” è la degna conclusione di un concept che riesce a non disperdersi e a non disperdere mai.
Gruppo interessante, che purtroppo ha inciso parecchi lavori buoni senza etichetta. Sarebbe una grande idea secondo me, riproporre quest’album sotto l’attuale casa discografica con un’operazione in stile Novembre: essi rimasterizzarono il loro album di debutto e lo fecero uscire riedito con un nuovo titolo, e fu un successo. Al livello di questi ultimi e dei Katatonia.
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