I Dragonforce sono una delle poche formazioni che è sempre riuscita a stupirmi in maniera più che positiva. Questo in chiave del fatto che hanno saputo rivedere e correggere il concetto ormai striminzito e alla frutta di "power metal" miscelando elementi di quest'ultimo con quelli tipici del black metal.

Sin dagli esordi con  quel loro "Valley Of The Damned", un po' acerbo ma con le idee chiare esposero al mondo quale era la loro intenzione: mettere a ferro e fuoco il panorama heavy mondiale. La formazione inglese (la più multietnica che conosca) non si fermò qui e si superò nel monumentale "Sonic Firestorm" che, ancora oggi, considero il loro apice nonché un must per coloro che si definiscono fan del power metal e, comunque, dell'heavy metal tutto.

Dopo larghi riscontri ottenuti a destra e a manca, nonché varie esibizioni live il terzo full lenght della band, quel "Inhuman Rampage" mi lasciò un tantino tentennante: perfetto sotto ogni punto di vista ma fin troppo prolisso e ripetitivo. Il dubbio iniziò ad insinuarsi in me: "che il giocattolo stia già per rompersi"?

Anno 2008. Gli inglesi di Herman Lee danno vita al loro quarto pargolo in studio, "Ultra BeatDown" appunto, dalla cover abbastanza idiota e dalle song....... Ecco appunto. Dalle song che esattamente mi aspettavo. Tutte uguali, sotto il profilo del songwriting, senza un minimo distaccamento dai tre dischi precedenti, salvo per alcuni (poco) interessanti bridge in alcune composizioni (cito "Heartbreak Armageddon", "Scars Of Yesterday" e "The Last Journey Home").

Fatta salva l'opener ("Heroes Of Our Time")  ed il video che è possibile vedere liberamente già da parecchie settimane, il disco, complessivamente, è di una noia mortale! Nessuna canzone riesce a coinvolgermi più di tanto, nessuna! Oramai i Dragonforce hanno già dato tutto quello che potevano dare in tecnica, velocità e contro cazzi vari nei loro lavori precedenti e, mi duole dirlo, la strada da loro intrapresa (quella delle super speedy songs dalla durata media di 7 minuti e passa, nelle quali pare che gli strumenti stiano per prendere fuoco e, sempre nelle quali, durante l'esecuzione degli assoli il singer ZP Theart pare abbia il tempo di andare a pisciare, farsi una sega, prendersi un caffè, fumarsi una sigaretta per poi rimettersi dietro il microfono, aggiustarsi per ben benino i capelli e ritornare a cantare) è una strada senza uscita e senza via di evoluzione.

Sempre la stessa solfa, sempre le stesse songs, sempre gli stessi riff, sempre gli stessi assoli ipertecnici e iperveloci, sempre lo stesso singer e sempre la stessa cazzo di ballad, ad ogni giro sempre più brutta, sciapa e noiosa! Ma che palle!

Poveri Dragonforce. Eppure sono una forza della natura, una di quelle formazioni che quando le vedi dal vivo non riesci a credere che quelli siano effettivamente degli esseri umani. Roba che per far fermare il batterista dovresti sparargli alle gambe o, chessò, vieni colto dalla paura che durante l'esecuzione di una delle loro canzoni, forse, gli strumenti possano prender fuoco. Sapete, è proprio questa la cosa triste: veder ridotta una formazione così capace, tecnicamente preparata, forse insuperabile, all'ombra di se stessa, all'auto riciclaggio.

Poche idee, poca iniziativa, stesso brodo riscaldato per l'ennesima volta.

Troppo poco per promuovere un album e la band che l'ha partorito.

Inutile.

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