In attesa del ritorno sulle scene dopo 13 lunghi anni di assenza della sua band madre, gli Extreme, mi accingo a recensire questo "Love", primo e unico lavoro di uno dei numerosi gruppi del talentuoso Nuno Bettencourt, i Dramagods. In realtà, si tratterebbe del loro terzo lavoro, dopo il debutto "Population 1" e l'EP "Sessions from Room 4", pubblicati però sotto il nome Population 1.

Intanto, per chi non lo conoscesse, Nuno Bettencourt è un chitarrista di origini portoghesi, famoso principalmente per la sua militanza nel quartetto di Boston, gli Extreme appunto, sottovalutato gruppo hard rock di inizio anni '90, autore di ottimi album ma passato agli annali principalmente per la ballata tormentone "More than Words". Dopo lo scioglimento della band avvenuto nel 1995, i quattro componenti decidono di intraprendere strade diverse, ma Nuno è quello che è rimasto più attivo in campo musicale, fondando diverse band e mantenendo comunque una certa notorierà.

Nel 2005 pubblica quindi questo album, avvalendosi della collaborazione di Kevin Figueiredo alla batteria, di Joe Pessia al basso, di Steve Ferlazzo alle tastiere; ovviamente Nuno è alla chitarra e voce principale.

Finalmente, dopo vari anni di sperimentazioni in vari campi musicali con il lavoro solista "Schizophonic" (album che spaziava dal rock, al punk, fino a lievi accenni di elettronica) e i poco convincenti lavori con i Mourning Widows, Nuno ritorna alla casa madre, al suo marchio di fabbrica, un funk rock trascinante che lo ha reso celebre con gli Extreme ai tempi di "Pornograffitti". Questo "Love" è infatti un cd puro e semplice, a volte dolce e melodico, altre volte sporco e grezzo, ma capace di mantenersi sempre su ottimi livelli di qualità.

In particolare sono evidenti le influenze derivanti dal rock anni '70 e, scorrendo tra le varie tracce, non è difficile notare accenni di Beatles, richiami ai Led Zeppelin e ispirazioni dei Doors, in particolare nell'ampio uso in alcune tracce dell'organo Hammond. Lo stesso stile della band e il sound generale dell'album si ispirano a quegli artisti, senza però scadere mai in plagi o maldestre imitazioni, ma piuttosto con la classe e la personalità di ogni singolo componente: in particolare Nuno ricama riff e assoli mai banali, sempre con gusto e attenzione per la melodia, prima che per la sterile dimostrazione di tecnica; il basso è sempre ben presente nell'accompagnare e spesso diventa protagonista di riff portanti per la canzone, come nella trascinante "Lockdown"; Steve alle tastiere ora stende tappeti quasi sinfonici, altre volte (ed è il caso della stupenda "Sky") suona melodie toccanti nella loro semplicità; ottimo anche il lavoro dietro le pelli di Kevin, capace di dare sempre il giusto groove alle composizioni.

Per quanto riguarda le canzoni che compongono questo platter, in esse si ritrovano tutti i tratti distintivi delle composizioni di Nuno: da una parte, all'energia dell'opener "Megaton", si accostano la grezza "Heavy" e la già citata "Lockdown"; dall'altra parte abbiamo una manciata di ottime ballads, in particolare la malinconica "Interface", la dolce "Something About You" e la dolcissima e già citata "Sky" che chiude l'album. Tutti i brani si mantengono comunque su ottimi livelli, ma tre composizioni spiccano in particolare: "Pilots" e "Fearless Leader" perché lasciano spazio ad una certa sperimentazione sotto forma di inserti elettronici  e sintetizzatori, che ben si adattano alla canzone senza stravolgerla, e "Broken", perché dopo anni Nuno torna a regalarci una composizione interamente acustica, energica e decisa.

Insomma, un ottimo album, sicuramente il migliore dai tempi degli Extreme, consigliato agli amanti del rock più classico e puro e anche a chi voglia conoscere qualcosa di Nuno, virtuoso chitarrista e ottimo anche nelle vesti di cantante.

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