Piuttosto che vedere i propri live circolare sottobanco, come in teoria avviene per la maggior parte dei bootleg, i Dream Theater hanno da sempre preferito farli uscire in veste ufficiale, per la serie Official Bootlegs. Per la band è quindi anche un'occasione per portare alla luce esperimenti portati a termine dal vivo, come quello di eseguire dal vivo e per intero gli album che loro stessi adorano. "The Number Of The Beast", "Master Of Puppets", "The Dark Side Of The Moon" sono state le vittime designate in precedenza.
Nel 2006 è la volta in cui si ostinano a voler ricreare "Made In Japan", la pietra miliare dell'hard rock anni '70 dei Deep Purple, inarrivabile a mio giudizio, e i Dream Theater difatti non ci arrivano. Non di certo in termini di tecnica o di esecuzione, poiché da quel lato è risaputo che non abbiano problemi, ma in termini di freschezza, sia come suono che come scelta del lavoro da proporre dal vivo.
I Dream Theater che fanno i Deep Purple sono ridondanti. Petrucci, Myung, Portnoy e Ruddess eseguono ottimamente l'album, non c'è che dire, ma la spontaneità che ha caratterizzato il lavoro originale è sparita. Sono inoltre fermamente convinto che ogni cantante debba assolutamente restare ancorato al proprio repertorio, dato che è sicuramente la cosa che sa fare meglio e questo discorso vale anche per James LaBrie, che si ostina ad imitare Ian Gillan, ma che in realtà c'entra come i cavoli a merenda (ascoltare Highway Star e soprattutto il duello chitarra-voce in Strange Kind Of Woman).
Questo disco è naturale come lo è una colata di cemento su un prato alpestre: un esperimento artificioso al massimo, dove i Dream Theater si prodigano nel ricreare per filo e per segno ogni minimo suono dei Deep Purple, rendendo alquanto stucchevole il tutto. È tutto troppo preparato a tavolino, come si sente nell'intro di Highway Star. Un disco così lo si ascolta una volta al massimo, per poi mettere a balla l'originale, di gran lunga superiore. Pare ovvio che quando ci si azzarda a pubblicare un lavoro simile, si faccia il dovuto paragone con l'insuperabile originale.
Questo mi ricollega al giudizio generale nei confronti di quest'uscita: il trionfo dell'inutilità, forse carino per quando si è live a vedere la band, anche se pure su questo avrei qualche dubbio, dato che un fan della band forse non paga un biglietto per vedere i Dream Theater comportarsi come una qualsiasi cover band. Finché i Dream Theater sorprendono i fan come fecero al Gods Of Metal 2007, occasione in cui suonarono "Images & Words" per intero, assolvono un compito molto gradito in sede live. Ma se le sorprese da aspettarsi sono cover, non so fino a che punto gli convenga togliere spazio all'esecuzione dal vivo di opere che non gli appartengono a scapito del proprio materiale.
Un episodio che in realtà non meritava di essere pubblicato su cd. È raccomandato solo ai complezionisti, quelli che non si perderebbero alcuna uscita del gruppo. Sarebbe stato molto meglio se si fossero limitati a far circolare le registrazioni sul web, o comunque per vie non del tutto avvallate. Forse il fascino di un bootleg sta proprio nel fatto che non sia per niente ufficiale, e questo i Dream Theater sembrano averlo dimenticato.
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