Eccoci qui, questa è la mia prima recensione su questo sito, spero di fare un buon lavoro e di rendere omaggio con i miei scritti ai gruppi/album che mi accingerò a recensire.
Il primo album che ho deciso di recensire è "Octavarium", dei Dream Theater, disco non semplice da produrre per la band newyorkese, memore ancora dei fasti dei suoi primi capolavori (tra gli altri "Images & Words" e "Metropolis Pt.2") e dell'ormai penultimo disco del 2004 "Train Of Thought".
Partiamo da questo titolo, "Octavarium", che vuole stare a significare l'ottava fatica, opera, (capolavoro?) del quintetto americano, e dall'art work, che rappresenta una serie di palle cinesi (quelle usate per la conservazione della quantità di moto, per intenderci) di cui l'ultima ha scolpito il simbolo della band in essa, e che sta andando a colpire le altre palle, sotto delle colline verdi di sfondo. L'interpretazione di questo art work potrebbe essere che i Dream Theater con questo nuovo album intendono ricalcare il successo che in passato avevano rappresentato con gli altri album, usando appunto l'espediente "fisico" della conservazione della quantità di moto.
Spendo ora due parole sulla Line-Up, che non è cambiata dal precendente Album, e che è formata dai "fondatori" dei Dream (la band originariamente si chiamava Majesty, nel 1985) Mjung, Petrucci, Portnoy, dall'ormai consolidato James Labrie (che ha prodotto assieme ai Dream Theater tutti gli album eccetto "When Day And Dreams Unite") e Jordan Rudess alla tastiera.
Immagino che molti lettori già prima di leggere questa recensione staranno pensando "Ecco, un altro fissato con i Dream Theater! è solo tecnica fine a se stessa!", in realtà quest'album, indipendentemente dall'opinione che ognuno di noi ha sui Dream Theater, si configura in modo differente dai precedenti, si possono infatti notare delle sonorità meno ricercate (frutto di costante lavoro di rifinitura o ricerca di maggiore melodicità?) con canzoni che colpiscono in modo più immediato l'orecchio dell'ascoltatore, cosa che non poteva dirsi uguale in precedenti album, e che rappresenta un'innovazione, una sfida che i Dream Theater hanno voluto lanciare, e che solo il tempo potrà dire se è andata a buon fine (c'è il rischio che la maggiore immediatezza possa, a lungo andare, stancare chi ascolta l'album, soprattutto chi è abituato ad ascoltare il Prog dei Dream Theater).
Il disco è composto da 8 pezzi, e ricalca lo stile tendenzialmente più trash (come gia era avvenuto in Train Of Though) della band americana in questi ultimi anni.
La prima traccia è The Root Of All Evil, in cui abbiamo un miscuglio di "Classic Prog" Theateriano e di suoni sintetici, che alterna pezzi melodici ad altri più aggressivi, in cui si notano contaminazioni di "This Dying Soul".
Con la seconda e la quarta traccia (rispettivamente The Answer Lies Within e I Walk Beside You) il disco assume quei tratti melodici e, passatemi il termine che non vuole comunque essere negativo, sdolcinati, che in passato avevano caratterizzato canzoni come Space Dye Vest oppure Wait For Sleep, pezzi che dimostrano tra l'altro l'infondatezza di alcuni commenti forse troppo affrettati di critici "E' tecnica fine a se stessa! non ci mettono passione!" [...]
Eccoci alla traccia numero 3, These Walls: un'esplosione di puro prog e melodicità, arpeggi e suoni degni della preclara Pull Me Under.
Panic Attack si rivela un pezzo ambiguo, infatti, dopo un inizio a mio parere simile a quelli dei System Of A Down (quindi alla Nu Metal), rientra in quelli che sono i canoni del prog/trash dei Dream, e l'impatto con il pezzo può risultare problematico per i cultori più assidui di questo gruppo.
Dopo le tracce 6 e 7 sulla stessa falsariga delle precedenti si giunge all'ultimo pezzo, Octavarium: leggendone la durata già si possono intuire i fasti di A Change Of Season, 24 minuti in cui si alternano tratti tranquilli e dolci/melodiosi ad altri a ritmo forsennato e prog, senza dimenticarsi dei "soliti" (anche qui non uso il termine in significato dispregiativo, anzi!) assoli e virtuosismi della band di Mr. Petrucci.
Insomma, dopo 75 minuti di ascolto, giunto al termine anche di quest'"ottava fatica" posso affermare con una relativa certezza che anche questa volta i Dream Theater abbiano raggiunto il loro scopo, nonostante l'introduzione di queste nuove sonorità infatti la qualità del prodotto non è cambiata, indipendentemente che essi piacciano o no. Complimenti.
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