Qual è stato l'evento storico dell'anno 1989? La caduta del muro di Berlino? No! L'uscita del primo disco dei mitici Dream Theater! Proprio nell'anno in cui nascevo io cinque ragazzi di Boston davano il via alla loro folgorante carriera. Lo facevano con un disco non ancora frutto della loro massima capacità espressiva, un disco che non basta a spingerli al successo ma che costituisce comunque un ottimo assaggio di ciò che avrebbero poi fatto successivamente.
In questo primo disco prima prova prevalgono le influenze del metal più classico, ma vi è già una buona dose di influenze progressive. Ma il sound sembra abbastanza scadente dando quasi l'impressione che sia registrato male. Il cantante era un altro, Charlie Dominici, la cui voce non raggiungeva ancora gli splendori che verranno poi da James LaBrie. Le canzoni non hanno ancora una struttura particolare che avranno invece quelle di Images And Words, e non è presente alcuna ballata, ma il disco può considerarsi discreto come prima prova.
"A Fortune In Lies" possiamo già ammirare i Dream Theater all'opera: struttura breve ma buoni cambiamenti di tempo, buon accompagnamento delle tastiere e anche un bell'assolo di Petrucci... Il primo di una lunga serie. "Status Seeker" è una canzone dai toni vivaci e solari, da notare per l'ottima introduzione offerta da Kevin Moore molto in stile Van Halen. Un primo mezzo capolavoro può essere invece "The Ytse Jam" una strumentale dove emerge subito il lato tecnico-virtuosistico della band; ma un capolavoro può essere anche "The Killing Hand" con i suoi otto minuti e quaranta che alternano chitarre potenti, parti semi-acustiche, musiche d'atmosfera e influenze soul. Meriterebbe qualche attenzione in più "Light Fuse And Get Away" brano dalle ritmiche veloci e che regala una piccola sezione strumentale in cui Kevin Moore sfodera un buon solo di tastiera. Più frenetica invece "Afterlife", la più aggresiva basata sul forte timbro della chitarra; bella anche la parte strumentale dove assistiamo ad un bell'assolo di Petrucci e ad un bell'unisono chitarra-tastiera. Capolavoro clamorosamente mancato è invece "The Ones Who Help To Set The Sun": inizio da manuale con le tastiere unite al basso, atmosfera quasi da fiaba o da cartone di Cenerentola ma quando attacca con le chitarre... ...si trasforma in un riff scialbo, ripetitivo e poco creativo. In "Only A Matter Of Time" protagonista Kevin Moore: è lui a introdurre alla perfezione il brano ma è altrettanto lui a mettersi in luce maggiormente nel corso di esso; le note migliori le suona proprio qui; SPLENDIDO il finale con tutti gli strumenti che suonano sempre più forte fino a svanire improvvisamente.
Nel compesso niente male, ma il meglio viene sempre dopo, in tutte le cose.
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