Ogni decade per me ha il suo film di fantascienza simbolo, per gli anni duemila questo "Moon" è l'opera che merita di essere ricordata dai posteri. La trama in sintesi è questa: un astronauta in missione sulla Luna scopre che in realtà la sua vita non gli appartiene in quanto lui è un clone, e dopo aver scoperto altri cloni nella base, riuscirà superando varie peripezie a denunciare la Compagnia per la quale "lavora" o meglio pensava di lavorare. La regia, sobria ma incisiva è di Duncan Jones, pluripremiato regista inglese, figlio di una nota Rockstar. Il protagonista è Sam Rockwell, che come aspetto potrebbe il fratello minore e meno belloccio di Tom Cruise, ma a differenza di Cruise riesce a trasmettere gli stati d'animo con un aggrottare di sopracciglia o con un' espressione sghemba del viso, proprio come riesce a fare Kevin Spacey che nel film compare brevemente, con il quale può competere sul piano del talento e del carisma. Il film visivamente non ha esattamente la statura del "Classico" cinematografico, ma considerando che il regista ha preferito usare modellini tridimensionali per rappresentare ambienti e mezzi di trasporto, al posto di stucchevoli effetti virtuali, che ammorbano tanti films, e considerando anche che gli autori degli effetti speciali sono gli stessi di pellicole come "Alien", "Silent Running" e "Atmosfera Zero", si può affermare che questo film ha un suo stile riconoscibile e un suo fascino particolare, e potrebbe diventare con il tempo un "Cult Movie".
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