Nel 1986 era ormai chiaro che la scena musicale dei New Romantics stesse svanendo. I gruppi che ne avevano fatto parte erano giunti, volenti o nolenti, a sonorità più mature e consone, ma non per questo meno raffinate. Per gli Spandau Ballet era arrivato il tempo di Through The Barricades, per i Talk Talk The Colour of Spring. Per i Duran Duran, Notorious. Assieme al successivo, l'album della maturità appunto.
Ciononostante, Notorious (UK#16, US#12) venne ignorato o al peggio giudicato con malizia, facile preda della critica. Ma che l'ultimo lavoro della band non potesse godere dell'esemplarità dell'esordio o di Rio, era prevedibile e perfettamente accettabile col senno di poi. Io lo considero piuttosto, il tentativo di rinnovare e rinnovarsi, specie in un momento di difficoltà come quello che seguì il tour dell'84. Fuori Roger e Andy, liquidati anche manager e produttori precedenti, Nick, John e Simon si presentarono come un trio, affiancati sapientemente dalle chitarre di Warren Cuccurullo in sala di registrazione e di Nile Rodgers in fase di produzione. Il risultato fu un album fuori dallo spazio e dal tempo, prezioso e omogeneo, che fece dell'eleganza il suo pallino. Nella visione d'insieme, nuovi testi, parzialmente ispirati alla filmografia di Hitchcock, e un suono clamorosamente funky resero l'immagine della band ancora appetibile e invitante a 5 anni dal debutto.
Alla pubblicazione dell'album, nel Novembre dell'86, la traccia omonima in apertura era già singolo di successo. Pur essendo stata tra le ultime canzoni registrate, Notorious (UK#7, US#2) vuole essere il manifesto della nuova direzione musicale, trovando forza negli intrecci chitarristici e nel basso pulsante del ritornello. A coronare il tutto, un testo ambiguo e ruffiano che fa sorridere tra i versi di Simon e i No-No-Notorious; non poteva essere altrimenti, con un titolo così. American Science si muove nello stesso territorio affidando però alle tastiere di Nick e alle percussioni la guida di una canzone dallo scorrere cullato. L'atmosfera rarefatta contorna un’innocente satira del consumismo americano. A ravvivarla, e non poco, accorrono incursioni di fiati e un bello sfogo di Warren (o di Andy?). Un peccato che al tempo non fu scelta come singolo, ma il suo appeal non passò inosservato alla casa discografica, che ne commissionò un remix interessante. Il terzo brano, Skin Trade (UK#22, US#39) meriterebbe una recensione a sé, una lezione di stile che riesce a combinare il falsetto di Le Bon, la sezione di fiati, padrona della scena, tastiera e basso in gran spolvero e un testo sulla mercificazione del corpo umano. Il tutto è arricchito da un paio di stacchi strumentali impressionanti, in cui il brano accoglie progressivamente altri strumenti fino al crescendo finale in cui i cori e la voce di Simon si alternano i versi del ritornello. A detta della band, Skin Trade è tutt'oggi l'orgoglio dell'album, se non della carriera. Eppure, lanciata come secondo singolo, non fu compresa allora. Diciamo che la sua copertina eccessivamente libertina non l'aiutò. A Matter of Feeling mantiene alta la qualità del disco proponendo una ballata soffice e delicata, con tastiere e chitarre leggerissime che accarezzano le strofe d'amore. La canzone rimanda chiaramente a Save a Prayer, ma farle reggere un simile paragone sarebbe inopportuno; in entrambe scorre lo stesso sangue ma l'antenata è comunque di ben altro spessore. A chiudere il primo lato del vinile, troviamo Hold Me, brano che traccia un ponte con i vecchi Duran Duran pop-rock. Se si esclude un curioso intermezzo musicale, ha poco di straordinario, perfino il cantato di Simon qui stenta a decollare. Pur lasciandosi ascoltare gradevolmente, rappresenta quindi una prima caduta di tono. Vertigo (Do The Demolition) preannuncia già dal titolo un incedere squadrato e ipnotico, martellante se vogliamo, con un bel lavoro sulla chitarra e le tastiere che scandiscono l'andamento della canzone. Dove il brano precedente mancava di potenza, qui la voce si mantiene su livelli ragguardevoli, avvicendando strofe incalzanti a ritornelli "angelici". Arriva la settima traccia, So Misled e tornano le trombe a colorare la scena in un numero ispirato al Soul degli anni '60. Il brano scorre piacevolmente e ha un buon refrain, ma ascoltando le chitarre si ha l'impressione che sia un tentativo (evitabile) di riproporre la formula della title-track, senza altrettanta fortuna. Meet El Presidente (UK#24, US#70) guarda agli stessi anni, richiamando però il funk, in una canzone dall'anima danzereccia. Nel complesso, l'alchimia riesce e disegna un ritmo trascinante e dichiaratamente "nero", bello proprio perché inusuale per i Duran Duran. Il testo disimpegnato e la melodia piaciona lo resero il terzo e ultimo singolo estratto, nulla di eccezionale ma comunque una saporita canzoncina. La successiva Winter Marches On è l'unico disappunto del disco. Un enigma, in verità, la ragione per cui l'abbiano inclusa, quando non avrebbe sfigurato in un album come So Red The Rose del progetto parallelo Arcadia. Non che sia brutta, ma cozza inevitabilmente col funk delle sorelle, in una marcia invernale che di Notoriousity ha ben poco. We Need You (relegata a b-side di Skin Trade), sincera dichiarazione ad Andy Taylor, avrebbe meritato il suo posto, essendo più in linea con le sonorità dell'album. Proposition chiude il lato B, con un piglio decisamente rock, che non spiace perché ben ponderato dai soliti fiati e dal basso di John, galvanizzato dall'esperienza con i Power Station. Stavolta il bridge non è proprio gradito come nei precedenti, anzi si dimostra abbastanza scontato e confuso, ma non compromette quella che, nel complesso, è un’ottima chiusura.
In conclusione, un album che, a differenza di molti contemporanei, è invecchiato bene, e ha il pregio di suonare ancora fresco, tanto che ascoltandolo si ha l’impressione di sorseggiare un buon cocktail, catapultati nell’atmosfera elegante sin dalla copertina. Ho scelto appositamente un disco col quale sono cresciuto per la mia prima recensione e spero che la apprezziate. Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.
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