L'asfalto è bagnato e la pioggia, lenta, continua a scendere sugli alberi silenziosi e immobili, sui vetri, sul selciato luccicante che riflette le prime luci artificiali della sera. E' una leggera nebbia quella che avvolge tutto. Non c'è traccia del vento. Tutto tace. La strada è quasi deserta. I marciapiedi nudi e solitari. Sembra un film. Dustin cammina nel suo impermeabile scuro, la testa bassa, pochi fogli tra le mani. Entra in quel caffè sorridendo appena. Chissà a cosa pensa. Aspetta qualche minuto guardando fuori dai finestroni del bar e si toglie il cappello umido di pioggia. Gli alberi al di là dei vetri sono tanti scheletri, le foglie madide quasi un timido manto ad avvolgerli e sostenerli. Scrive Dustin seduto al tavolo. Parole forse, musica forse e nella sua mente si apre tutto un mondo sconosciuto. Scrive Dustin. Nessuno nel caffè poco affollato sembra accorgersene. Scrive di vulnerabili sentimenti, di nostalgie vive, di amori sfumati davanti ad un portone aperto, davanti ad un pavimento disseminato di vinili. Scrive di taxi che vanno e che vengono. Di una città che non conosci. Di te e della tua valigia ancora da disfare o della pioggia che incessante cade ancora bagnanto tutto intorno, diluendo gli umori. Si alza Dustin. Il piano è lì davanti a lui. Solo. E' un vecchio piano svizzero. Elegante, ben tenuto o forse restaurato. Si siede e comincia a suonare la sua storia o la mia o la vostra.
Piano Solos vol. 1. Solo Dustin e le sue mani febbricitanti di pensieri aggrappati a quei tasti ambrati. E' elegante, amaro, fragile, delicatamente maestoso. C'è Debussy fra le sue armonie velate e le sue dita leggere. C'è tutta l'emotività volubile che si respira nel magnifico Chopin. Ti culla con grazia Dustin e ti seduce con la sua malinconia di fine inverno ('Opus # 13'). E' commovente ('Opus # 14' e 'Opus # 12'). E' solitario ('Variazione Di Un Tango', 'Opus # 7', 'Opus # 15'). Con garbo ti dipinge intorno ricordi che si sciolgono piano come la pioggia che scioglie l'inchiostro dei tuoi pensieri ridestando le atmosfere lontane dei suoi Devics più struggenti. Suona e ti parla silenzioso quasi conteporaneamente. Suona e tu sei il protagonista delle sue storie, della sua musica elegiaca e toccante. Giardini di marmo ed edera intorno o la città allagata di stanotte non cambia niente. Non importa chi sei o dove sei, lui continua a suonare, intimo, avvenente, armonico, di se stesso o di te. Piano, con riservatezza e poco importa. Lontano da tutto, in questo piccolo posto dove non arriva luce, affogando morbidamente in una pozzanghera di ricordi questa cascata di note bellissime e perfette.
Alza lo sguardo rannuvolato ma dolce Dustin. Era assorto in tutta quell'emozione in musica mentre suonava. Non si era accorto di quella donna nascosta che lo ascoltava rapita. Chissà a cosa pensava lei. Uno sguardo fugace, un sorriso liberatorio. Il pianoforte di Dustin ha riscaldato e incantato entrambi. Prende il soprabito, il cappello, gli spartiti; ancora uno sguardo con la spettatrice attonita e va via. Solitario, amaro e commovente sotto la pioggia. Le note non si sono perse nell'aria. Non si sono sciolte come i ricordi nell'acqua, risuonano appassionate e fragili fra gli alberi e le foglie ammutolite, sul marciapede nudo e sulla strada deserta. Sono ancora lì... strette fra le sue dita, negli spartiti e nelle parole non dette.
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