Fin dal nome i Dysrhythmia sono complicati in principio. Un trio debordante di idee, un progetto sviluppatosi attraverso i seminali "Contraddiction" (del 2000, fuori stampa e di difficile reperibilità N.D.R.) e "No Interference" (facilmente acquistabile tramite la piccola "Tranlation Loss" che lo ha ristampto in digipack) e continuando con il malinconico "Pretest" del 2003" oltre a split e comparsate in compilation e dvd targati Relapse, con cui tutt'ora sono sotto contratto.
Ma è con "Barriers and Passages" che raggiungono l'apice: Jeff Eber (batteria) Kevin Hufnagel (chitarra) e lo straordinario Corlin Mastron al basso finalmente in pianta stabile nel gruppo, saldano fra loro gli elemnti più disparati ritovandosi fra le mani un sound crudo, "cattivo" nei sui tempi dispari e nei suoi veloci, schizoidi ritmi. E' sperimentazioni senza barriere stilistiche, con un abrasione che i padri putativi di questi viaggi cerebrali (Don Caballero e King Crimson su tutti, ma anche Sonic Youth, e potrei anche aggiungere azzardando dei Meshuggah decontestualizzati dalla loro habitat brutalmente metal) non hanno mai avuto. A colpire ci si mette anche la varietà dei suoni nelle 10 tracce dell'album, dove tutto sembra assolutamente necessario, dove i virtuosismi hanno quell'austerità che sembra dissolta nella maggior parte delle uscite odierne, si riesce a stupire chiunque per motivi diversi, è ognuno ci leggera ciò che ne carpisce da questa scheggia, da questa rappresentazione in musica dei processi mentali.
Il progetto Dysrhytmia nasce propio con questo intento, analizzare e rappresentare con gli strumenti l'animo umano. E come non dire che i Nostri hanno colto nel segno ascoltando le vibranti "Pulsar" e "Appeared at First", mini-suite compresse e malate con un basso devastante , la nenia di "Sleep Decayer" con il suo finale ipnotizzante o la più leggera e quasi jazzy "Seal/Breaker/Void"?.
Un disco completo, dalla concezione apparantemente ostica e aliena ma da come si desume dal titolo è bene tenere a mente che per ogni barriera esiste un passaggio, nulla è invalicabile, solo fermandoci alle apparenze si rimarebbe intrappolati, senza aversi gustato il miglior album dell'anno 2006.
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