Ero a Bologna, pronto per vedermi un concerto dei Meshuggah con un amico e mia sorella maggiore.

Prima del concerto, entro in un negozio di dischi, il mitico Metal Factory, e pur non volendo comprar nulla mi propongono The Veil of Control dei Dysrhythmia: avevano intuito che io fossi un amante di sonorità all'avanguardia, per così dire, storte, se non stortissime, complesse, ma allo stesso tempo brutali (non a caso nel giro di qualche ora avrei rivisto i Meshuggah!), ergo con un fare sorpreso accettai la proposta e comprai il suddetto disco.

Non me ne sono pentito: il disco è forse una delle poche opere indefinibili che ho ascoltato negli ultimi 5 anni, un misto di dissonanze, tempi stranissimi, atmosfere cupe e lugubri, suoni a dir poco ricercatissimi per un Tech Death che non è Tech Death (nè Take That, perdonatemi la battuta), un Metal che non è Metal, un Prog esasperato ai massimi livelli che non è Prog, una musica quasi più Ambient che altro.

Paradossalmente anti cacofonico, nelle sue melodie stridenti, il disco dalla durata breve rimane comunque un viaggio sonoro interessante che fa dell'introspezione e dei meta linguaggi il suo forte; le chitarre tendenzialmente pulite fanno da padrone assieme ad una batteria "leggera" ma ultra tecnica (come vuole la tradizione) mentre si sviluppano trame sonore impenetrabili e complesse attraverso giri di basso in tapping, dissonanze e chi più ne ha più ne metta.

Non un disco facile sia chiaro: a volte la proposta potrebbe seriamente annoiare, in quanto per mantenere l'attenzione alta bisogna star fermi e appunto, ascoltare, senza distrazioni, l'intero ciddì, un qualcosa che non mi permette di dare il massimo dei voti.

L'opera infatti non è assolutamente per tutti, neanche per i Metallari oserei dire: qui si va oltre al concetto di Prog e Metal, perfino il Tech Death come detto in precedenza sembra star stretto come definizione.

Un disco comunque molto bello, adatto come sottofondo per un incubo a sogni aperti in una giornata di pioggia.

Spettrale.

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