Quando Glenn Frey (chitarra) e Don Henley (batteria) chiamano Bernie Leadon (chitarra e mandolino) e Randy Meisner (basso), non immaginavano certo di dare vita alla più importante band country-rock di sempre e più in generale ad uno dei pilastri del rock.

Dopo l'esordio, con l'album omonimo, "classico" lavoro country-rock, vicino ad alcuni lavori di Jackson Browne (che tra l'altro collabora con il gruppo), i quattro pubblicano questo "Desperado": è il 1973. L'album, che è un concept, sin dalla copertina ci porta nel tema del disco. Ci troviamo in piena "epopea" western, i testi ci parlano di banditi, di tramonti malinoconici, di cow boy, di donne. Si sente odore di vecchio west in maniera maggiore di tanti dischi di buegrass o comunque di folk USA "puro". Le atmosfere sono suggestive, la polvere, i cavalli, il profumo del legno di un saloon o di una vecchia Martin D28 sembrano venire fuori dal disco.

Il primo pezzo, "Doolin-Dalton", queste caratteristiche le racchiude tutte : chitarre acustiche dai suoni bellissimi, una malinconica armonica a bocca in lontananza, dei cori eccezionali che ben si legano con le chitarre elettriche e la batteria. Le voci si alternano, Don Henley mostra le potenzialità del suo splendido timbro. "Twenty One", il pezzo successivo, ha il classico "locomotive" beat, complice un drumming in stile ma soprattutto un grande lavoro al banjo da parte di Barnie Leadon, che dona un pieno tessuto ritmico al pezzo. Come sempre, tutto arricchito dai cori. Dopo il rock più duro e sempre ben suonato di "Out Of Control", si passa a "Tequila Sunrise", tra i brani più belli dell'intera carriera degli Eagles. La ritmica delle chitarre (quasi un beguine) creano un'atmosfera "messicaneggiante", i ricami della steel guitar sono elegantissimi, come tutte le parti vocali, una atmosfera di rilassata malinconia. Segue quindi l'altro capolavoro degli Eagles, "Desperado". Una struggente ballata, affidata alla voce di Henley (autore del brano), con piano e orchestra in evidenza, un classico che negli anni verrà re-interpretato da molti, senza raggiungere mai la bellezza della versione originale. "Certain Kind Of Fool" è in bilico tra il country-rock ed il rock vero e proprio, con un pregevole assolo di chitarra elettrica (ma siamo ancora lontanti da Hotel California e da i soli di Joe Walsh, che entrerà in un secondo momento nel gruppo).

I quarantotto secondi di banjo di "Doolin-Dalton" fanno da preludio a "Outlaw man", brano rock che si lega ad un certa tradizone country-rock americana dei fine anni sessanta. Nuovamente atmosfere di "confine" ( qui inteso come frontiera immaginaria tra gli U.S.A ed il Messico..) con "Saturday Night" : ritmiche lente, cori molto in evidenza e ben arrangiati, mandolino che caratterizza il brano. "Bitter Creek", pezzo lento, piacevole e ben arrangiato, è uno dei pochi che può ricordare alcune cose alla C.S.N&Y. Siamo alla fine, ma come l'album è ben partito, altrettanto bene si conclude, con "Doolin Dalton - Desperado (reprise)". In pratica è un riassunto delle due canzoni, ma arricchita da un gran lavoro di banjo e chitarra elettrica la prima, con un bellissimo "ponte musicale" affidato alla voce di Henley che ci porta ad una versione di "Desperado" più corale e piena. Un medley bellissimo, atipico, che vive in maniera autonoma chiude questo album, che, nonostante sia a pieno titolo espressione di un genere oggi sicuramente non proprio in voga, se ascoltato oggi, regalerà emozioni ed un sapore di avventura di vecchio west.

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