Ascoltare un disco degli Earth e' sempre un esperienza impegnativa , poiche' bisogna adattarsi al loro gioco . Il loro scopo , sin dagli albori , è quello di farti sentire il " peso " di ogni nota , di ogni secondo e di ogno battito del pezzo , cosa che può rivelarsi scoraggiante a primo impatto . Ma se ci si lascia andare all' ascolto , la mente si rilassa , e i suoni cominciano a portarti in uno stato di armonia , che raramente si prova nel caos di questi tempi . Il riff di armonici iniziale , suona come un invito a danzare con loro un ballo sciamanico , in una sorta di mistico rituale di riconciliazione con la terra , dove suoni dilatati e ipnotici , trasportano l' ascoltatore verso immagini di tramonti in lande desolate , dando la sensazione di piena solitudine . E' un po come ascoltare primi Black sabbath in moviola , raggiungendo lo stesso risultato che si proverebbe , nel fare del sesso tantrico , al posto di una banale " sveltina " in macchina . Un album che va ascoltato tutto d' un fiato se lo si vuole gustare veramente , tanto che la divisione in tracce, a parer mio , risulta quasi un intralcio al suo scorrere . Dal 1991 , questi signori si sono specializzati nell' andare piano...ma lontano , tanto da fare della lentezza il loro marchio di fabbrica . Ma dove sta' la differenza con i dischi del passato ?? Sicuramente siamo lontani dai lavori degli esordi , mancano le distorsioni " Melviniane ", sostituite da suoni meno ostici e rumorosi . Dylan Carson e soci , hanno rimesso nel cassetto anche le chitarre " morriconiane " dell' ultimo periodo , puntando tutto sul Doom e sul D esert rock , raggiungendo quella sensazione , che a fine ascolto ti fa pensare , " ma come ? , E' gia' finito ?? " , per poi scoprire che e' passata piu' di un ora dalle prime note . Ma ormai ci hai preso gusto , e non resta altro che ripartire da zero . Tra i momenti mogliori di " Full uppon herburnings lips " , troviamo : " Exalation of lars " , " The coulor of poison " , " She rides ad air of malevolence " ( probabilmente la piu' ispirata ) e il pezzo di chiusura " A wretched country of dust " ( a cui secondo me non guasterebbe una linea vocale ) . Unica pecca , un suono del basso che ho trovato a tratti un po " scarico " . Probabilmente e' uno dei loro lavori migliori , che non deludera ' gli appassionati del genere e del R ock strumentale . Oltretutto , potrebbe essere il sottofondo musicale perfetto per la lettua dei racconti di Carlos castaneda , mentre si sorseggoa una buona tequila , o magari , mentre si butta giu' un bicchiere di Mescal ( verme compreso ) . Ascoltare per credere.

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