Tra tanti gruppi in preda ad algide sperimentazioni elettroniche o a prepotenti incursioni nel funk più tirato, gli Echo & The Bunnymen, da Liverpool, rappresentarono l'ala più melodica, con uno sguardo rivolto al passato, in particolar modo verso la psichedelia più soffice. Ovviamente, il tutto era aggiornato alla spirito della new-wave, pervaso sempre da un sottile filo di tensione.

Crocodiles, datato 1980 (prodotto da Ian Broudie e dai mitici Chameleons), li lanciò tra le band emergenti in grande stile, definendo da subito la loro personalità. Un mix ben assortito di vecchi e nuovi stilemi, sicuramente uno spiraglio di luce nel clima claustrofobico del periodo. Chitarre ascensionali e "drogate", ritmo sempre abbastanza incostante, ed un cantato autistico leggermente nevrotico, in linea con le tendenze del tempo.

Si parte subito con un "Going Up", tra echi epici di chitarre e sferzanti colpi di batteria. Subito dopo cominciano a piovere grappoli di note minori, introduzione e "Stars Are Stars", dove sono sempre le chitarre a farla da padrone. Sono loro le vere protagoniste del disco, ora scintillanti ora liquide, artefici indiscusse dell'atmosfera generale delle composizioni.
La poderosa intro di "Pride" restituisce al basso un ruolo di primo piano, sempre accompagnato da chitarre impertinenti. La struttura del brano è più complessa del solito, e si snoda su un continuo alternarsi di prepotenti rullate di batteria, ed enigmatici colpi di xilofono.
Il nervosismo della title-track, mostra parentele più strette con i Sound di Adrian Borland, mentre le note piangenti di piano dell'altrettanto irrequieta "Villiers Terrace" portano una ventata di malinconia nel quadro generale del disco.
"Pictures On My Wall" è un inno epico e crepuscolare percorso da un ritmo incalzante e da inquietanti strati di tastiere, che ricorda dei Chameleons meno disperati.
L'album si chiude con l'incubo raga-psichedelico di "Happy Death Men", tra violenti colpi sordi di cassa a ritmo tribale, riverberi di tastiere e chitarre, ed un tamburello ipnotico. L'andamento si fa via via più tempestoso, per convogliare nel finale in un'orgia strumentale di grande effetto, congedo di un disco fresco, non particolarmente innovativo, ma senza dubbio ottimo rappresentante della corrente del "revival-sound" in epoca new-wave.

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