Quando imperversava la Febbre del Sabato Sera, io compravo i dischi dei Black Sabbath e dei Jethro Tull; all’università invece di esaltarmi per i Duran Duran mi deliziavo con i Rush e scoprivo i primi Metallica…poi lavoro, matrimonio, figli; niente più musica pesante, a mia moglie non piaceva e via con Elton John e Re Leone, pop leggero e cantautori.
Poi una primavera di dieci anni fa, un giovane collega mi incuriosì parlandomi di “progressive-metal”; andai a sentire una band svedese di passaggio a Milano, esponente di questo genere musicale.
Ho fatto questa premessa perché accingendomi a recensire “Genuine”, la prima cosa che mi esce dal cuore è: “ecco i Pain of Salvation di casa nostra!”, e avrete capito che erano stati proprio Gildenlow e soci ad aver risvegliato il sacro fuoco metallico che covava silente sotto la cenere.
Dicendo questo forse non rendo un bel servizio, perché gli Echotime non sono derivativi di nessun altro gruppo in particolare, ma è un fatto che con questo loro disco ho ritrovato il piacere di quelle atmosfere che dieci anni fa mi avevano emozionato.
Certo, non inventano niente di nuovo, però riprendono con classe quanto di buono è stato fatto in questi anni nel genere, evitando peraltro di riproporre le caratteristiche per cui spesso viene denigrato: freddezza, prolissità ed eccessivo tecnicismo fine a se stesso
Messo il CD nel lettore mi ritrovo ad ascoltare un prodotto niente affatto “acerbo” ed approssimativo, come potrei aspettarmi da una band alla prima produzione discografica.
Insomma gli Echotime hanno iniziato col botto: un' opera così matura ed equilibrata me la sarei aspettata alla terza o quarta prova, non all’esordio (Metropolis II è arrivato dopo 10 anni, Operation Mindcrime era la quarta uscita, A Pleasant Shade of Gray è uscito a metà carriera, per fare esempi di monumenti del genere)
Siamo al cospetto invece di un lavoro di notevole spessore compositivo e magnificamente prodotto.
Tecnicamente si tratta di un concept album in cui si racconta una storia fantasiosa di ambientazione steam-punk, ancorata però a tematiche attuali. Non sono entrato nei particolari ma sembra si racconti di un ragazzo geniale che scopre una sostanza/formula che potrebbe risolvere le sorti dell’umanità, e viene per questo ostacolato da chi invece trae vantaggio dal degrado di un mondo corrotto sull’orlo del baratro.
La musica riflette bene questo clima cupo e oppressivo e segue le vicende narrate come la colonna sonora di un film.
Famose celebrità si sono cimentate in questo genere di songwriting, a cominciare dai Pink Floyd di The Wall o in tempi più recenti il progetto Ayreon, ma qui la musica è pienamente al servizio del racconto, funzionale alle vicende narrate; scorre fluida e dura, inframmezzata da intermezzi parlati, voci provenienti da vecchie radio d’epoca, canti gregoriani, rumori ambientali che non spezzano il ritmo ma anzi creano la percezione di una suite senza apparente soluzione di continuità, quando invece le tracce principali sono ben distinte e sono gradevoli da ascoltare anche singolarmente: “The Choiche”, “Show your faces on TV” (bello il coro centrale alla Savatage), “Breaking the Prayers”, Echoes (qui qualcosa di Ashes, dei citati PoS), In Rebel Hands, la strumentale “Genuine 10:10” e la conclusiva ma interlocutoria “The Question”, sono le mie preferite.
A cercare il cavillo potrei sottolineare che in qualche passo la pronuncia inglese del cantato non è perfetta, ma sono dettagli. La voce di Alex Cangini è peraltro un punto di forza dell’opera: personale, non banale, molto riconoscibile, ha qualcosa di John Oliva, di Jorn, o anche di Thomas Englund degli Evergrey: quel ruvido espressivo che in genere preferisco alla limpidezza omologata.
Trovo pregevole che le singole canzoni non eccedano nel minutaggio e l’intera opera non superi i 50 minuti; non ci sono punti morti o inutili riempitivi e alla fine dell’ascolto viene voglia di mettere il CD dall’inizio.
Musicalmente si sente che i ragazzi sono preparatissimi, affiatati e che ci mettono tanta passione; dal vivo si sono fatti le ossa suonando cover in giro per l’Italia (così sbarcano il lunario e si divertono) ma per loro è arrivato il momento di spiccare veramente il volo.
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