Come si suol dire: il mondo è bello perché è avariato.
Ottobre 2011: mi trovo alla presentazione del disco di un ragazzo che, nel frattempo, sta facendo bene. Scorgo fra gli astanti anche Edda Rampoldi. Assieme a lui il suo collaboratore Walter Somà. In breve agganciano Gionata Mirai del Teatro degli Orrori che si trova lì come guest speciale del ragazzo di cui sopra. I tre si scambiano l'i-pod dicendosi "senti come l'abbiamo fatta" (immagino si stessero riferendo a "Gionata").
Il resto è oggi: "Odio i Vivi", secondo disco solista dell'ex Ritmo Tribale. Ed è un disco avariato, disturbante, spiazzante, in una parola bellissimo. A partire dalla copertina viscerale, non volgare, il seguito di Semper Biot è un album non-sexy, non ammicante, tutt'altro che volgare. "Odio i vivi" è uno sputo lungo 39 minuti. Colpisce su lunga distanza anche te che potresti far fatica ad entrare nelle trame di un disco che è un coltello che torce la sua lama in profondità. Ogni traccia avanza rumoreggiando, squarciando, lacerando in fondo. E fa piuttosto male. Dall'apertura orchestrale, romantica di "Emma", allo strappo a pelle di "Anna" seguendo l'amore proibito di "Marika" e finendo nella resa più dolceamara che mai di "Tania".
L'amore diventa merda dopo due settimane: è questa l'essenza di un disco che Edda, insieme a Taketo Gohara alla produzione, ha registrato per se stesso. Una catarsi. Con tante voci di donna intorno. Forse una dedica. Come un artista vero che ha qualcosa di vero che si muove dentro e cerca con le parole e la sua chitarra di spiegarlo. Come una confessione di pancia, non sempre chiara nelle intenzioni. Però qui c'è arte a mazzi, c'è un uomo di quasi cinquantanni che se ne fotte se tu non capisci e che odia i vivi perché ha i suoi motivi. Edda dice cose di poesia d'amore scomoda. Lo fa con quella sua voce immensa, lavica. Gohara, nel frattempo, gli costruisce un impianto sonoro ricco ma per nulla compiacente, comunque molto italiano (si ascoltino le orchestrazioni di Tania).
E il resto sei tu. Perché mai come in questo caso, il disco fa leva sulla forza empatica che genera nell' ascoltatore. Come dire: se non lo capisci è solo un problema tuo. Perché "Odio i Vivi" è un disco con due palle così. E Edda o si ama o non ti ami.
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