A undici anni da quell’”Ukulele Songs” che spiazzò un po’ tutti (più una dichiarazione di indipendenza che un vero e proprio sequel di quella gemma che fu la colonna sonora di “Into The Wild”), Eddie Vedder torna con quello che potrebbe essere considerato il suo vero e proprio esordio solista.
“Earthling” arriva in un momento particolare: i Pearl Jam devono ancora portare in tour l’ultimo lavoro “Gigaton”, e la pandemia in corso sta ancora creando non pochi problemi al mondo della musica. Niente di meglio, quindi, che una libera uscita per l’ormai iconico frontman della band statunitense.
A questo giro, Vedder scegli di uscire con un disco rock fatto e finito: affida le manopole al produttore del momento, quell’Andrew Watt già a lavoro con Ozzy Osbourne (e, a quanto pare, prossimo produttore proprio dei Pearl Jam), e mette su una band non di poco conto, con Chad Smith dietro le pelli, Glen Hansard e l’ex RHCP Josh Klinghoffer alla chitarra e Chris Chaney dei Jane’s Addiction al basso, co-firmandoci tutti i pezzi del disco. E come se non bastasse, la lista degli ospiti cala dei veri e propri assi come Elton John, Stevie Wonder e Ringo Starr.
I primi due singoli, “Long Way” (molto à la Tom Petty) e “The Haves” avevano depistato lasciando credere ad un disco piuttosto minimale ed asciutto, ma già il terzo estratto “Brother The Cloud” sparigliava le carte, con un imprinting sonoro che lo fa sembrare quasi un outtake di “Backspacer”. E una volta lanciatisi nell’ascolto del disco per intero, ci si rende conto della versatilità a livello di sound scelta da Vedder.
Apre l’afflato à la Peter Gabriel di “Invincible”, e successivamente il riffing deciso di Klinghoffer si fa subito sentire nella martellante “Power Of Right”, che con “Good And Evil” e “Rose Of Jericho” va a comporre il cuore del disco più rock e vicino alle composizioni della “casa madre”; nei pezzi arricchiti da contributo degli ospiti, invece, troviamo le cose più originali. Se “Try” è un punk grezzo e diretto arricchito dall’armonica di Stevie Wonder, “Picture” è foindamentalmente un pezzo di Elton John, così come “Mrs. Mills” è la composizione più beatlesiana mai sfoderata da Vedder, e la batteria di Ringo Starr ovviamente aiuta. Il padre di Eddie Vedder, invece, si palesa tramite campionamento nella spettrale conclusione “On My Way”.
Un bel disco, scritto e confezionato da un autore che si è divertito a godersi il viaggio e ad omaggiare i propri eroi (compare anche un certo spirito springsteeniano nella bella “The Dark”), e si sente. Molto più sincero di tante altre produzioni spacciate per spontanee ed originali.
Brano migliore: Good And Evil
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