Dopo il blu cobalto di "Aqua", ecco il verde foresta di "Epsilon in Malaysian Pale", secondo album solo per Edgar Froese. Le felci lussureggianti ritratte in copertina sono un ricordo dell'Australia e del tour fatto in quel paese nel 1975 con i Tangerine Dream. Una musica austera ma riposante, questa, organizzata secondo i canoni estetici dell'elettronica tedesca degli anni '70: due brani che occupano ciascuno una facciata intera dell'antico supporto di vinile. Il primo, che dà il titolo al disco, è suddiviso in tre episodi in cui le linee melodiche sono affidate a sonorità che simulano quelle del flauto, mentre lo sfondo è costituito da un sedimento accordale più o meno denso a seconda del momento.
Più che dalla presenza di sintetizzatori, la musica è caratterizzata dall'uso estensivo del mellotron, quella particolare tastiera che tanto successo ottenne nell'ambito progressive di quel periodo prima di essere soppiantata dall'avvento delle tastiere digitali, più precise e affidabili ma dal timbro più freddo e impersonale: premendo sui tasti del mellotron, partivano dei piccoli segmenti di nastro magnetico su cui erano incisi suoni di strumenti ad arco, o anche di flauti e ottoni; di qui il suono molto caldo e pastoso (mellow) di questo strumento.
Il secondo brano, "Maroubra Bay", si apre con un'introduzione più tesa e spettrale, con singole note tenute che attraversano lo spazio sonoro. Dopo quattro minuti entra con discrezione un sequencer che costituisce la base armonica, ripetuta ad libitum, su cui poggiano le melodie disegnate dalle tastiere, intervallate periodicamente da folate tropicali di tifoni elettronici. Brandelli di melodia accompagnano quindi il brano fino a conclusione.
È un riuscito lavoro, questo, per il leader dei Tangerine Dream: siamo nel 1975 ed "Epsilon" appartiene alla stessa felice stagione dei celebri "Rubycon" e "Ricochet" del gruppo di provenienza. È un album d'atmosfera, che si fa apprezzare per le sonorità morbide e suggestive e per la naturalezza del disegno compositivo.
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