La vita è un caso le cui manifestazioni sembrano possedere una logica ferrea che molti chiamano destino. E' ciò che sembra accadere al protagonista di questa leggendaria pellicola del regista ceco Edgar G. Ulmer, considerato il più grande autore di B-Movies mai esistito. Proveniente dalle esperienze espressioniste tedesche, Ulmer lavorò per una delle più miserabili compagnie di produzione cinematografica americane, dopo aver ricevuto le dimissioni del capo della Universal (Cal Laemmle) per essersi unito con la moglie del nipote, che lasciò questi per il regista.
"The black cat" resta la sua unica produzione "ricca" e di grande successo, insomma: il resto dei suoi lavori vennero prodotti in ristrettissima economia per la PRC e dimenticati per decenni.
Tra tutti questi è rimasto immortale "Detour" del 1945, straordinaria parabola sull'assurdità del vivere e sulle logiche illogiche del caso/fato, tratteggiata con tinte noir ma in realtà racconto filosofico esistenzialista.
Nichilista e disperato, "Detour" si apre con una piccola tavola calda dove il protagonista, Al Roberts, appena sceso da un'auto dove aveva effettuato un passaggio in autostop, al suono di un juke box che riproduce "I can't believe that you're in love with me" comincia a dare in escandescenze. Acquietato dai rimproveri del gestore del locale comincia il racconto della sua infernale parabola in flashback. Pianista in un piccolo night, con la cantante come fidanzata (il racconto si apre proprio con la cantante che esegue lo standard citato, insieme all'orchestra del fidanzato), è un uomo come tanti, con una vita normale e una rela zione come ce ne sono tante ma insoddisfatto. Nè troppo innamorato, nè troppo ambizioso ma la vita sembra stargli bene così.
Un giorno la sua ragazza decide di tentare la fortuna ad Hollywood; nonostante Al tenti di dissuaderla, lei ha deciso. Un giorno Al fa fagotto e progetta di raggiungere la sua donna; i pochi sold in tasca lo costringono a rimediare dei passaggi. Dopo una lunga attesa viene raccolto da un tale, Charles Heskell; un uomo strano, di mestiere allibratore. Durante il viaggio Charles mostra delle ferite alla mano e al braccio. I graffi sulla mano li ha ricevuti da una ragazza che aveva raccolto durante il percorso e si intuisce abbia reagito alle sue avances. Lo squarcio al braccio invece è una ferita ricevuta dal ragazzo da suo padre durante uno scherzoso duello alla spada. Charles aveva involontariamente cavato un occhio al padre che, istintivamente, lo aveva tagliato.
Da quella volta Charles non vedeva il genitore perchè, preso dal panico, era scappato di casa. L'uso di alcune pillole durante il viaggio fanno capire che Heskell è cardiopatico. Durante un cambio al volante Al, chiedendo un aiuto per alzare la capote dell'auto vista la pioggia scrosciante, scopre che l'uomo non sta dormendo ma è morto. Ferma la macchina; Charles cade dallo sportello e batte la testa su una pietra che, "fatalità" era proprio in direzione della testa, suggellando la certa dipartita di Heskell. Al è in panico; immagina che la polizianon crederebbe mai alle straordinarie coincidenze dell'avvenimento e si disfa di Heskell, assumendone abiti ed identità. Il mattino dopo, fermatosi ad un distributore di benzina, vde una donna che cerca un passaggio. Le offre il posto in auto. Al sembra attratto dalla bellezza naturale dell'autostoppista; ad un certo punto la donna ha un sobbalzo e riconosce l'auto. Era la ragazza che aveva graffiato Heskell!!!...
La cosa più geniale di "Detour" sta proprio nell'inverosimiglianza delle coincidenze. Grazie a queste estreme forzature il racconto morale di Ulmer può procedere ad un liello parallelo a quello della realtà. Al è un uomo senza qualità sprofondato in un gioco mortale che non si sa bene se meriti o cerchi. Chiaramente innamorato della diabolica autostoppista, per tutto il film nega questo sentimento d'attrazione e le avances di lei (la congiunzione carnale sarebbe un suggello evidente al patto criminale anche se Al vorrebbe), in favore di un buonsenso che, forse, cela codardia. La ragazza (cattiva, beona ma intelligente e sincera) in un qualche modo lo mette faccia a faccia con se stesso ma Al rifiuta questo confronto. Memorabile la scena in cui, di nascosto dalla donna, relegato a forza in un hotel con lei che lo ricatta e allo stesso tempo lo elegge a complice, chiama la fidanzata ma quando questa risponde alla telefonata lui rinuncia a parlarle, Il primo piano del suo volto esprime rassegnazione ma forse anche complicità col suo destino, così bruscamente "deviato".
Ulmer usa gli scarsissimi mezzi a disposizione per creare un racconto teso e allucinato, folle e inverosimile ma limpido come la realtà, al termine (in un'onirica sequenza che vede il suo arresto) Al tira le somme e capisce che forse la deviazione che la sua piccola vita ha preso, durata solo pochi giorni, ha tutto l'aspetto del fato.
Il film, che dopo la sua uscita scomparve come quasi tutti i film del bizzarro regista, viene oggi considerato il "B-movie" più perfetto e bello mai girato. C'è qualcosa di "Detour" in molti film venuti dopo ("Fuori Orario" di Scorsese, "U-Turn" di Stone, "L'uomo che non c'era" di Joel Coen). Ma nessuno raggiunge la cristallina disperazione nei confronti del motto "Ognuno è artefice del proprio destino"). Paradossalmente, pur non avendo compiuto alcun crimine (la morte della terribile autostoppista è da conservare negli annali delle scene più belle di tutti i tempi) Al è colpevole di tutto. Reato: ignavia.
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