Dan Swanö è (stato) un personaggio fondamentale entro la scena death metal svedese degli anni novanta: non solo per il ruolo ricoperto in veste di musicista (innumerevoli, oltre gli stessi Edge of Sanity, i suoi progetti collaterali, uno su tutti: i folli Pan.Thy.Monium), ma anche per la fruttuosa attività come produttore (proprio a lui dobbiamo la maturazione artistica di band come Opeth e Katatonia, entrambe cresciute sotto la sua ala protettiva).
L'iperattività, del resto, fa decisamente brutti scherzi (gli Hypocrisy di Peter Tagtgren ne sono un esempio lampante!): gli Edge of Sanity imploderanno così nel giro di pochi anni, fra dissidi interni ed uno Swanö sempre più bollito e preso dai suoi impegni dietro al mixer. Ma non solo: se si va oggi a guardare con serenità e distacco l'intera discografia della band, si scopre che in realtà non è che gli amici scandinavi c'abbiano inondato solo ed esclusivamente di capolavori. Volendo fare i giusti, potremmo quasi dire che la stagione vincente degli Edge of Sanity si è esaurita nell'arco di due soli album: "Purgatory Afterglow", che mi accingo a recensire, e il successivo "Crimson", che probabilmente rimane il loro capolavoro.
Se in "Crimson" i nostri coroneranno la loro ambizione (un tantino) megalomane di voler confezionare un'opera composta da una sola suite di quaranta minuti, con questo lavoro del 1994 i nostri danno già prova di tutte quelle potenzialità che avranno modo di esprimere appieno in futuro.
"Purgatory Afterglow", forse perché è un album canonico (dieci pezzi, e tanti saluti!), risulta rispetto a "Crimson" meno indigesto e di sicuro va a costituire il passo ideale per un primo approccio con la band.
Non di meno, quest'opera ha il merito di condensare in sé lo spirito più autentico della Svezia di quegli anni: in esso non solo è presente la forza d'urto della prima ondata di death metal band svedesi (Entombed, Dismember, Unleashed ecc., fra cui sono annoverabili gli stessi Edge of Sanity, dato che il loro debutto risale al 1991!). "Purgatory Afterglow", in realtà, brilla per un talento melodico ed una freschezza che sono tipici di tutte quelle band che nei medesimi anni, partendo da sonorità più o meno estreme, andavano approssimandosi a soluzioni sempre più originali ed innovative (e basti pensare al death melodico dei vari Dark Tranquillity ed In Flames, al doom/gothic dei Tiamat, al death'n'roll dei tardi Entombed). E non solo: in esso si vanno persino ad anticipare certe intuizioni progressive che faranno la fortuna degli Opeth (e che proprio dal maestro Swanö erediteranno), nonché gli umori intimistici che rinverremo nei lavori dei Katatonia. Il tutto senza disdegnare quell'attitudine punk/hardcore che in suolo scandinavo da sempre trova terreno fertile.
E così "Purgatory Afterglow", seppur mantenendosi ancora su buoni livelli di aggressività, si può tranquillamente collocare fra quelle opere seminali chiamate a rappresentare degnamente quella generazione di band che proprio in quegli anni dimostravano di avere una mentalità aperta e il coraggio di osare (gli incentivi statali aiutavano!): il fatto poi che l'album sia dedicato alla memoria di Kurt Cobain (fantasma che in realtà non incontreremo nel corso dell'album), è la prova cangiante di come il metal già all'epoca non fosse più quell'armata di irriducibili defender che gli anni ottanta ci avevano consegnato e che qualcuno oggi vorrebbe, ahimè, restaurare.
Che non ci troviamo innanzi ad un gruppo dozzinale, lo si capisce già dalle prime suggestive note di "Twilight", imponente brano d'apertura: ariose tastiere e un'evocativa voce pulita si addensano come nebbia lungo il sentiero che ci conduce nel mondo degli Edge of Sanity. Ma sarà solo questione di pochi istanti, poiché un potente riff d'inconfondibile marca svedese irrompe e spazza via tutto, trainando così un'impetuosa cavalcata che nei suoi otto epici minuti ben rappresenta le potenzialità della band: velocità, potenza, dinamismo, melodia, creatività. Cinque elementi che troveremo ben miscelati lungo l'intera durata dell'album.
Suoni ruvidi e potenti, ma ben definiti (anche quelli squisitamente svedesi!), sono la veste ideale per questa band poliedrica e ricca d'idee: un ensemble preparato tecnicamente ed al culmine dell'ispirazione che saprà abilmente abbinare momenti d'impatto a passaggi più ragionati, spesso nell'arco dello stesso brano. Le composizioni, di fatto, presentano strutture complesse ed in continuo mutamento; e se proprio c'è un difetto da sottolineare, v'è da rilevare una lieve tendenza a disperdere le idee, tanto che a tratti ci può cogliere un vago senso di smarrimento. Anche perché le sperimentazioni della band non sono a senso unico, e nel coacervo di sonorità che "Purgatory Afterglow" ci offre, troviamo fusi in un fitto intrigo passaggi melodici, pastoni di chitarre dissonanti, schizofrenia ed arditezze grind: tutti elementi mutuati sia dal metal classico che dall' universo hardcore.
Da segnalare, fra le altre cose, le irresistibili "Blood-Colored" e "Black Tears", due brani dall'ascendente rock-goticheggiante in cui Swanö mette da parte il suo vocione da cavernicolo (forse la componente più squisitamente death metal dell'opera) per abbracciare un suadente cantato pulito: due pezzi estremamente orecchiabili che aiutano a smorzare la tensione generata dai continui cambi di tempo (ottima la prova del batterista Benny Larsson) e dall'imperversante frullare delle chitarre (incredibile l'affiatamento delle due asce Dread e Sami Nerberg, sempre in coppia a tessere intrecci dall'indubbio gusto melodico).
Il basso sporco di Anders Lindberg, sebbene si ritagli ben pochi spazi da protagonista, concorre in maniera determinante a generare quel muro di suono al vetriolo che tanto è tipico del death metal di fattura svedese. Muro di suono che trova la sua più perfetta espressione nella conclusiva "Song of Sirens" che, a discapito del titolo, si rivela in realtà un pezzo hardcoreggiante molto vicino, per immediatezza ed orecchiabilità, agli Entombed di "Wolverine Blues" (merito anche delle urla becere dei due chitarristi, le cui ugole ricordano non poco quella del sempre ottimo L.G. Petrov).
Personalmente parlando, avrei chiuso il tutto con strascichi di feedback e la cover di "Polly" dei Nirvana, ma non si può avere tutto dalla vita... Minchiate a parte, come è andata a finire è oramai cosa nota: con il successivo "Crimson" si raggiungerà l'apice della carriera, ma da lì in poi le divergenze fra Swanö (sempre più orientato verso soluzioni progressive) e gli altri componenti (irriducibilmente sostenitori di un ulteriore indurimento dei suoni) saranno destinate a crescere di album in album, fino a portare allo scioglimento (nel 2003 Swanö riesumerà il nome della band e ci riproverà da solo con "Crimson II", ma questa volta senza lasciare il segno!).
Ciò non toglie che "Purgatory Afterglow" e "Crimson" rimangano nei fatti fra le più brillanti testimonianze di un periodo storico davvero fecondo e ricco di conseguenze per l'evoluzione del metal estremo non più estremo.
Ascoltare per non dimenticare...
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