Un sacco di critiche erano piovute su questa edizione del Gods Of Metal tenutasi pochi giorni fa allo stadio Brianteo di Monza, critiche non sempre fondate sulla scaletta degli artisti e soprattutto sugli headliners, ma a me dell'opinione altrui non è mai importato più di tanto e dalla lontana Umbria mi sono avventurato nella Brianza, per vedere gruppi per i quali stravedo. Già a Febbraio avevo comprato il biglietto a prezzo ridotto per il giorno 27 giugno, tanta era la convinzione.
7 ore di treno sono stressanti ma per un po' di sano rock questo ed altro, e certo il diluvio del giorno precedente al concerto non mi aveva rassicurato per niente, ma per fortuna la mattina del tanto travagliato concerto il tempo sembrava non fare scherzi, e infatti è stato così.
Sull'affare dei due palchi all'inizio ero scettico ma ho dovuto subito ricredermi quando ho visto come la gente si distribuiva bene per i due stage. Appena entrato, e comunque già fuori dai cancelli, ho notato l'affluenza dei glamster giunti per i loro beniamini Motley Crue, entrare nello stadio è stato come un tuffo negli anni 80: pantaloni in pelle attillati, stivaletti, borchie, guanti in pelle senza dita e capelli cotonati tinti di biondo completavano la sagra dei tanto nostalgici eighties. Facendo un giro per gli stand ho realizzato che non c'era ancora nulla di interessante, le magliette delle band erano molto care, allora mi sono diretto nel palco di destra dove avrebbe suonato la tanto detestata Lauren Harris, le persone che erano a vederla si potevano contare in una mano, ma tutto sommato l'esibizione non è stata così male, certo ero più catturato dal suo aspetto fisico che dalle sue canzoni, ma per il resto ha intrattenuto i (pochi) presenti in modo accettabile, per dirla in poche parole era una sventola da paura. Nell'altro palco intanto sono saliti i Voivod, gruppo che conosco veramente poco, ma per essersi esibiti in piena mattina si può dire che c'era un pubblico davvero caloroso, e mentre il sole imperversava sempre di più, nello stage di destra sono arrivati i Backyard Babies, acclamati da alcuni del pubblico e accompagnati da cori, hanno suonato una mezzoretta buona coinvolgendo anche chi non li conosceva( come me), grazie anche alla presenza scenica dello strafatto chitarrista Dregen che ha sputato plettri e fatto acrobazie per tutto lo show, il glam-punk di questi svedesi mi ha colpito non poco e finito lo show ho deciso di rimanere sotto il palco, pur perdendomi gli Epica, che hanno scatenato l'inferno nell'altro stage.
Il sole ormai era al di là del palco quando Marty Friedman ha iniziato la sua esibizione, mi sarei aspettato 45 minuti di assoli pallosissimi, invece il buon chitarrista ha coinvolto e trascinato, grazie anche alla sua band davvero all'altezza, e la piacevole sorpresa dell'assolo di "Tornado Of Souls" ha risollevato buona parte del pubblico anche se la maggior parte di essi sbadigliava e guardava l'orologio, io ero assorto nelle note dell'ex Megadeth, una buona esibizione. Il palco di destra si svuota alla fine dell'esibizione di Friedman, come mai?
Perché nell'altro arrivano gli Edguy! Ne approfitto per riposarmi, visto che non sono attratto dal loro genere musicale, riposo le mie amate gambe sperando che non mi avrebbero tradito per tutta la durata dello show, ma nonostante sia distaccato mentalmente riesco ad accennare un headbanging, perché questi tedeschi capitanati da Tobias Sammet hanno letteralmente piazzato il panico in quel di Monza nonostante l'orario particolare (erano circa le 4) a trascinare la folla che era giunta a vederli. Nonostante non ero sotto il palco a vederli posso dire che è stato una performance coi fiocchi, il cantante ha anche ringraziato il pubblico dicendo che era stato il miglior pubblico dei loro precedenti Gods Of Metal.
Sono le 6 e la ex Runaways Lita Ford entra sul palco accompagnata da qualche coro, per gli anni che ha è davvero in forma, questa è l'impressione generale, l'esibizione si mantiene però piatta per i primi 20 minuti, per poi però decollare con hit come "Back To The Cave", "Kiss Me Deadly" e la stupenda "Close My Eyes Forever"(naturalmente senza Ozzy), qualcuno accenna addirittura ad un pogo(davvero fuori luogo), e pur con qualche stecca la Ford mi lascia una buona impressione, meglio di quello che mi aspettavo, un'esibizione tipicamente anni 80. Nella band di Lita gli appassionati avranno di certo riconosciuto l'odierno chitarrista dei Guns N' Roses Ron Thal.
Finito lo show di Lita Ford noto che la gente rimane a tenere i posti, e nonostante nell'altro stage ci siano i Queensryche, parecchia gente rimane sotto il palco di destra, decido di aspettare anche io i Tesla e non muovermi, mentre ora il cielo è coperto da nuvoloni minacciosi Geoff Tate e soci si esibiscono con non pochi problemi agli strumenti e un'imprecazione in Italiano da parte del cantante strappa una risata a tutti. Finita l'esibizione comincio a gasarmi perché di lì a poco sarebbero arrivati i miei amati Tesla, e così è, quando entra Jeff Keith c'è un boato tra il pubblico, e i cinque cowboys partono con la nuova "Forever More", per un'ora e quarto memorabile all'insegna del rock e del sudore(nonostante la pioggerellina), c'è spazio per i nuovi ("I Wanna Live","Breakin Free" e "Into The Now"), per i vecchi pezzi ("Modern Day Cowboy","Little Suzi, "Heaven's Trail","Love Song" e l'immancabile "Comin' Atcha Live") e per le sorprese ("Gettin' Better" e la finale "Rock Me To The Top"). Un concerto a dir poco perfetto, scaletta eccellente, solo l'interruzione di "Modern Day Cowboy" a causa di un problema al basso ha rallentato un'atmosfera partita al massimo fin dalle prime note, non è mancato proprio nulla: un Jeff Keith che strilla e passa da una parte all'altra del palco, un duello chitarristico fantascientifico che dimostra che i Tesla sanno suonare e hanno la grinta e la rabbia di un tempo, per me potevano suonare anche come headliner. E ho detto tutto. L'atmosfera si fa cupa, la fatica si fa sentire, si può avvertire l'adrenalina nell'aria, un gargoyle fa capolino nel palco, mi vengono i brividi... signore e signori ecco a voi gli Heaven And Hell!!! Quando entrano Tony Iommy e Ronnie James Dio nel palco scoppia un boato, e gli ex Sabbath ci regalano un concerto da urlo che parte con le note di "E5150" e passa per "The Mob Rules","I", "Children Of The Sea" "Time Machine" e alcune del nuovo album che sinceramente live non ho gradito molto, nel finale "Die Young" e la conclusiva "Heaven And Hell" (allungata di molto) rivitalizzano lo show. Ronnie James passa a salutare anche la gente dell'altro palco e trova applausi e urla da tutti. Un'ora e mezza di esibizione pulita, e anche se le canzoni suonate non erano moltissime, uno show piacevole che passa via nonostante la stanchezza, impeccabili tutti i membri che escono fuori nel finale con l'attesa "Neon Knights".
Lo stadio Brianteo è già caldo, ora tutti lì dentro aspettano loro: i santi di Los Angeles, la coreografia non è nulla di speciale (c'è la scritta L.A. al contrario), ma quando viene calato il telone nero sul palco c'è panico ovunque, parte una strana introduzione, e mentre il telo si alza si odono le note introduttive di "Kickstart My Heart": è la fine, la gente comincia a spingere in tutte le direzioni, i quattro musicisti occupano le loro posizioni e parte il concerto. Non c'è tempo per pensare, per capire se la stanno eseguendo bene, ora si devono solo fare le corna al cielo e cantare a squarciagola il ritornello, cosa che tutti i presenti fanno, si procede con una scaletta da urlo che vede "Wild Side", "Shout At The Devil", "Saints Of L.A." ed è però con "Don't Go Away Mad" che il concerto impenna, tutti cantano sopra le forze, cercano di saltellare, ma non c'è spazio, i fiumi di sudore cominciano ad inondare lo stadio, Vince Neil lascia tutti i ritornelli al pubblico perché lui è già morto, ma scorrazza lo stesso da una parte all'altra del palco, dopo alcune interruzioni e dialoghi col pubblico(non da tutti gradite) si riparte con gli altri pezzi come "S.O.S.", l'inadeguata "M.F. OF The Year", "Primal Scream" (evitabile per me) e con "Girls,Girls,Girls" io sono al settimo cielo, un lancio di palloni bianchi con la scritta Crue rappresenta un momento davvero suggestivo, i quattro fanno "Dr. Feelgood" e poi escono, buio. Qualche timido coro si fa sentire, ma non troppo, allora ecco la voce di Nikki Sixx (mi pare fosse lui) che fa: "I can't hear you" e la folla esplode letteralmente... i quattro rientrano, Tommy si mette la piano, tutti sanno cosa suonerà: "Home Sweet Home". Nello schermo si vedono vecchi filmati della band, si ripercorrono le tappe dei tour e quando i quattro si danno la mano stile tre moschettieri mi colpisce un senso di malinconia, perché nonostante l'età e le odierne capacità (non ottima la performance se giudicata a livello di tecnica) questi eterni ragazzotti fanno ancora del rock che emoziona, coinvolge e trascina.
L'immagine che mi rimarrà della band sarà questa: i quattro moschettieri di Los Angeles che si stringono la mano, come fratelli. Anche se la scaletta è stata breve (ma intensa ve l'assicuro), anche se Vince e Nikki non sono stati eccezionali, l'energia che questi cinquantenni hanno trasmesso è impareggiabile, sono riusciti a far cantare tutti a squarciagola, nonostante la stanchezza generale, ed è questo che si vuole da un concerto rock. Mentre mi allontano dal palco e mi divincolo tra la folla in cerca dei miei amici (spazzati via dalla calca), sotto le note di "My Way" di Frank Sinatra mi dirigo verso l'albergo realizzando che puzzo come una scrofa in calore, ma non posso fare a meno di canticchiare tra me: I'm on my way... home sweet home!
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