Arrivo subito al punto: questo è davvero bello.
Sì, perchè con questo loro secondo album i suddetti Editors riescono a cimentarsi in qualcosa di più, musicalmente, rispetto sia alla loro precedente fatica, ma soprattutto nei confronti di altrettanti esponenti di un genere musicale tendente troppo spesso all'omologazione nonchè ripetizione.
E invece si rinviene una maturità raggiunta, ma con potenziali evolutivi, una maggior attenzione compositiva, una nuova "epicità" nel canto e nei temi. Abbandonando scomodi e ormai languidi "cugini" (vedi Interpol) ad impervi percorsi di necessario rinnovamento, gli Editors si ritagliano un ruolo preciso e autonomo nel panorama musicale della New-New Wave, se proprio vogliamo categorizzare; la loro dote è quella di essere in grado di trasmettere emozioni con un approccio musicale immediato e diretto, ma mai banale.
E forse qualche riff si somiglia fra le varie canzoni.
E forse gli effetti agli strumenti sono più o meno sempre quelli.
Ma le melodie sono robuste e intense, di spessore.
Tematiche non "comode": la malattia in primis; l'annichilimento umano nel momento dell'arrivo delle manifestazioni del tempo ormai passato; la caduta di corpo e spirito.
Ciò lo si denota nei testi del primo brano dell'album, la meravigliosa "Smokers Outside The Hospital Doors", in cui prende libero sfogo il pensiero della tristezza nel vedere una persona ("fumatrice"? non per forza), fuori dalla porta della sala ospedaliera, attendere notizie dello sfortunato caro.
O la pulsante TRACKLIST "An End Has A Start", nella quale forse sempre la stessa persona promette al caro/a di non deluderlo/a nell'assistenza.
Il patema della perdita del caro sfocia in istinto autodistruttivo nel brano "The Racing Rats", in cui un protagonista, ormai ubriaco, per non pensare osserva topi di strada rincorrersi e mira a gareggiare con essi.
Altrettanti episodi quali "Escape The Nest" o "Spiders" non si dimenticano.
Più che convincente.
Maturo.
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