Due mesi dopo aver mancato l'appuntamento dell'Independent Days Festival di Bologna non posso lasciarmi sfuggire l'occasione per testare di che pasta sono fatti questi sbarbatelli appena apparsi sulla scena musicale europea.
Probabilmente sono uno snob, ma eviterei di netto qualsiasi commento sul gruppo spalla che, se non ho malinteso il saluto della cantante, dovbebbero chiamarsi Aulin Box. Al massimo eventuali commenti si possono fare proprio sullla cantante, con una faccina parecchio maliziosa. ... Meglio andare oltre.
Pochissimi effeti scenici, ma qualche getto di fumo ben pilotato e intimi giochi di luci/ombre creano l'atmosfera necessaria per l'accoglienza del poker di musicisti di Birmingham. L'incipit del live è lo stesso dell'album: "Lights" fa esplodere il pubblico, altamente coinvolto dal ritmo incalzante della prima delle tre perle di The Back Room. Mr. Tom Smith (voce) ha una tenuta scenica di ottimo livello, che ci si aspetterebbe da artisti ormai sulla cresta dell'onda da tempo e non da ragazzi come questi, che dovrebbero avere una comprensibilissima tensione per il tour di promozione di un debut-album. Ancor più se sovraccaricati di responsabilità dopo le 'slendide splendenti' recensioni apparse sulle più quotate fanzines europee. La batteria di Ed Lay martella e la colonnina che misura il livello dell'hype sale, mentre la performance del cantante prosegue, con movenze tarantolate da nostrano Iggy Pop alternate a rigidità proprie dei robotici protagonisti del video di Michel Gondry e proponendo la chitarra al pubblico come un agnello sacrificale nei riti pagani.
La band spadroneggia sempre più la scena fornendo un liveset davvero convincente. La novità rispetto all'album risiede nel modo di riproporre le songs, con un taglio molto più rock e molto meno dark, la voce è meno profonda e più inebriante. Questa è apparsa come una scelta pittosto che una carenza: in certi casi la baritonalità torna a farla da padrona ma la linea tenuta da Tom Smith è stata di ricorrere all'impostazione "alla_Ian_Curtis" solo per brevi tratti. Le nuove soluzioni sonore sono state molteplici, tra le quali la più interessante quella che ha dato un ruolo di spicco piuttosto che di sottofondo alla chitarra nell'esecuzione di "Camera", legittimandola come sorelina, per gli innumerevoli richiami, di "Where The Streets Have No name" degli U2.
Impeccabili, virtuosi e dall'incedere policromatico. Ovviamente essendo una band debuttante il tutto ha avuto una durata di circa un'ora, nella quale sono stati riproposti tutti i brani dei "The Back Room" e un un paio di inediti, che se ho ben capito erano apparsi come bonus nella limited edition nipponica.
Voto 3/5: è un po' misero come voto? Probabilmente perché ormai nell'universo di DeBaser si è preso troppo il vizio di dare dei 4 o dei 5 come niente fosse. 3 non è un brutto voto, non significa che non si è rimasti colpiti positivamente da ciò che si sta recensendo; ovviamente 7 o 7, 5 sarebbe più adeguato ma c'è sempre il solito atavico problema della scala in quinti e 4/5 obiettivamente sarebbe troppo alto. Di 5 ce ne dovrebbero essere al massimo dieci all'anno non 10 al giorno!
Carico i commenti... con calma