Che bello rincontrare la New Wave a vent’anni di distanza e ritrovarla con la stessa freschezza e forza di allora. Che bello sentirla oggi perfezionata nei suoni e nelle atmosfere più moderne, ma sempre fissate strette a quelle di allora.
Dopo la celebrazione degli Interpol, i più grandi nella materia ecco dei nuovi e degni rampolli della grande famiglia dei new wavers a cui anch’io appartengo: gli Editors (e non i The Editors). Questi ragazzi hanno imparato alla grande la lezione post-punk e sanno benissimo che genere di musica vogliono fare e a chi vogliono somigliare. Bastano tre secondi e subito sembra di sentire Psichedelic Furs, Joy Division e tanti altri fino ad arrivare ai Cure e agli U2 dei primordi. Chi ama giocare a "Memory" si divertirà a trovare migliaia di somiglianze citazioni o richiami, io lascio fare a voi.
L’album si intitola "The Back Room" e consta di 11 brani, lo specifico perché sembra esistere una edizione speciale alternativa con ulteriori cinque pezzi la quale forse non è reperibile in Italia o forse si, ci sono notizie contrastanti al riguardo.
Il disco si apre con un terzetto fulminante "Lights", "Munich" e "Blood" che fanno subito capire che aria tira in questa "Back Room", canzoni in perfetto stile New Wave, ritmo secco ed esasperato, chitarre epilettiche, voce profonda e basso potente. Mi sembra di essere proiettato all’improvviso ai tempi del liceo. Alla quarta traccia si rallenta, "Fall" è una ballata splendida e malinconica, cupa e disperata come piace a me con un finale in crescendo potente e caotico che verrebbe voglia di spaccare la chitarra.
A seguire "All Sparks" e "Camera", due pezzi semplici e carini, ordinati corretti e ben svolti, ma onestamente non eccezionali.
Tutt’altra storia invece per "Fingers In The Factories", probabilmente il brano più bello dell’album e forse uno dei più belli dell’intera "Nuova Onda" degli anni 2000, splendido fulmine "darkeggiante" malinconico e notturno con strofa accattivante e ritornello potente, ossessivo e isterico che ti fa saltare in piedi. Roba da urlare ai concerti e prendersi a pogate.
Sulla stessa linea anche la successiva "Bullets", giro di basso cupo e distorto, voce sfondata e chitarre a palla, stessa ossessività e isteria e anche qui pogate a bestia. Ma c'è un aspetto che mi fredda un po': qui sembra proprio di sentire una imitazione degli Interpol. A parte questo una gran bella canzone.
Il nono pezzo "Someone Says" ci porta ai tempi di "Boy" degli U2, la chitarra sembra presa da registrazioni rubate dal cassetto The Edge venti anni fa, qualcosa a metà tra "I Will Follow" e "The Electric Co.", suggestivo devo dire.
Siamo verso la fine del percorso e incontriamo la seconda ballata del CD "Open Your Arms", morbida, lenta e malinconica come d’obbligo ma lievemente più ariosa della prima.
Si chiude con un brano dispari, l'undicesimo, "Distance", che inizia come un pezzo dei Depeche Mode ma poi torna subito sui suoi passi e chitarre e voce prendono il sopravvento. Un buon brano per concludere, molto lento e melodico, una specie di Lullaby in versione New Wave.
Se voleste provare a cercare l’edizione speciale vi anticipo che i cinque brani non aggiungono ne tolgono nulla al valore complessivo dell’album tranne che nel caso della bellissima "Crawl Down The Wall". Carina anche "Colour".
In sostanza un bell'album piacevole e godibile per gli amanti del genere.
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