Ero partito almeno un po' prevenuto e influenzato dalla maggior parte dei pareri negativi che avevano accolto in giro per la rete l'uscita del quarto disco degli Editors che arriva a distanza di tre anni da "In This Light And This Evening" e perde per strada l'apporto fondamentale del chitarrista Chris Urbanowic a causa di divergenze artistiche col resto dei membri della band.

Questo disco abbandona le sonorità sintetiche del precedente targato 2009, senza a dire il vero tornare nemmeno alle chitarre dei primi due lavori, quando piuttosto introduce un uso abbondante di archi e orchestrazioni nel tentativo forse di rendere più corposo il suono.

Dunque abbiamo 11 traccie che cercano di aprirsi una nuova strada (nuovo pubblico?) con l'espediente di mettere sul tavolo e giocarsi più carte possibili, senza dimenticare i fan della prima ora ne sono un esempio efficace la semi title-track "The Weight" lenta e maestosa che vede l'introduzione di archi solenni e la successiva "The Sugar" uno dei pochi episodi in cui la chitarra entra nel gioco e non fa la comparsa. Fin qui tutto bene, le perplessità arrivano con lo scorrere dei minuti.

Da "What Is Thing Called Love" (falsetto di Smith incluso nell'offerta) che ricorda dei Coldplay zuccherosi, al singolo "Ton of Love" diverse tacche sotto a precedenti loro singoli, ma nel complesso nonostanto tenti una via rischiosa nemmeno malaccio.

Il pezzo finale "The Bird of Prey" è forse l'emblema di "The Weight Of Love": diversi pezzi che pur non essendo brutti, rimangano nell'ombra, non entusiasmano e che non ti invogliano a pigiare il tasto play. Piuttosto sarà curioso valutare invece come i pezzi più interessanti di questo lavoro reggeranno il peso del tempo proporziati ai vecchi successi.

Se "Nothing" (ovvero come i classici strumenti posso permettersi 5 minuti di aria per sorseggiare un caffè) in primis e "Honesty" tentano di giocarsi la carta dell'amarcord emozionale, "Hyena" va di diritto tra le migliori del lotto insieme ai due brani di apertura, sarà sicuramente una delle più apprezzate dagli irriducibili, che probabilmente la eleveranno come una delle poche cose salvabili. Chitarre in odore di new wave, la voce di Smith che esalta, canzone che scivola via senza intoppi nonostante magari non raggiuga i fasti di una "Blood".

La grandezza (o bruttezza?) di un disco si vede col passare del tempo, solo questo ci dirà se "Weight Of Your Love", che rimane comunque un disco di transizione e lontano da "The Back Room" crescerà o più probabilmente subirà un'ulteriore rivalutazione verso il basso.

Non un disastro come viene dipinto, siamo quasi in linea di galleggiamento, ma l'impressione dopo diversi ascolti è quella dell'incompiuto, un disco che non va oltre il mero compitino.

Si poteva fare di più.

Voto: 6-

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