Il letto quasi intonso. Non ci ho dormito stanotte. Non mi andava. Lo avrei riscaldato, sgualcito con i movimenti imprevedibili del mio corpo in cerca di agognata distensione. Le mie ginocchia avrebbero irregolarmente arato il lenzuolo. I seni schiacciati e le mani ingovernabili a stritolare il cuscino.

Stanotte non ho proprio dormito. Ho ammirato le setole imbevute d'acqua e olio imbiancare irregolarmente la parete. Una macchia d'umido stona in un canto limpido e placido. Ma non importa. Gli infissi di metallo pesante non resistono al verde pastello che li irrora con dolcezza. Qualche passata di troppo dichiara una guerra già vinta alle zone scrostate dal tempo. Anche la tenda fa fatica ad alzarsi tra le guide appesantite da un grasso meccanico usurato. Ma non importa.

A dire il vero non ho voluto dormire. Ho voluto attendere l'arrivo del sole. Quello alto del mattino, quello tiepido che riesce ad animare anche i serbatoi grossolani della zona industriale prospiciente. Ho voluto annunciare il giorno con il mio silenzio, con i capelli ordinatamente raccolti. Così, senza che le inconsce turbolenze notturne me li violentassero. Ho indossato la camicia da notte profumata. Dal panno leggermente ruvido di tessuto stirato.

Sono stanca di dormire. Voglio vivere il riscaldarsi progressivo del sole di mattina. Quel calore crescente, impercettibilmente graduale che si lascia affogare. Si immerge a picco nel contrasto con il lenzuolo fresco che lambisce la mia pelle. E lo vuole. Il panno che mi avvolge tira un po' all'inguine. Ma che fa. Il giorno sta nascendo e il sole continua a salire. Si sposa con il mio viso e mi riempie di vita. Guardo fin dove riesco e aspetto. Forse piango. Il cuscino vuole accogliere la mia stanchezza ma io declino. Aspetto e spero in una risposta. Ma non voglio più dormire.

Perchè anch'io, oggi, mi illumino d'immenso.

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