La biografia di Mr E (Mark Oliver Everett, depositario del nome Eels e unico membro di fatto della band) è un fiume di drammaticità. Il suicidio della sorella e la malattia della madre sono i protagonisti dell'ottimo "Electro-Shock Blues" (1998) e numerosi episodi biografici sono sparsi per tutto il canzoniere del barbuto californiano.
Nel 2010 altro dramma, altro disco, ma per fortuna questa volta è soltanto la fine del suo matrimonio a fare da collante alle canzoni del nuovo disco, "End Times", pubblicato a soli 6 mesi dal rockettaro e stranamente ottimista "Hombre Lobo".
L'inevitabilità del fallimento dell'amore, partentesi vacua tra una solitudine e l'altra è il tema portante del disco, lavoro prevalentemente acustico, concepito in solitudine con il camino e i latrati del cane come sottofondo, oltre allo sporadico intervento di Kool G al basso e Butch alla batteria.
I suoni scarni richiamano "Daisies of The Galaxy", acquerello del 2000. Come in quel disco, anche qui, infatti, ci troviamo al cospetto di arrangiamenti minimali, strumentazione al risparmio e cantato sussurrato, elementi che destano il sospetto che il signor E abbia le pile scariche. Tuttavia, accanto ad episodi poco riusciti, spiccano anche canzoni degne di nota.
L'iniziale "The Beginning", sombrero calato per la descrizione di un amore agli albori, getta l'amo. "Gone man", caraccolante rock'n'roll Dylaniano aggiusta la mira della tristezza: l'amore si è rivelato quello che è, un epitaffio da lasciare ai posteri ("Here lies a man who wanted to be alone") e rispolverare nei momenti di malinconia, come l'algida "In My Younger Days".
Alla pianistica e ariosa "A Line In The Dirt" il compito di descrivere un sentimento fiaccato dal tempo che nemmeno una richiesta sotto forma di pegno d'amore può risollevare.
La quieta "Mansion of Los Feliz" rischiara il cielo per un attimo e il bluesaccio straccione di "Paradise Blues" è l'occasione per rispolverare la chitarra elettrica e sgranchirsi le corde vocali.
In tutto il disco non c'è rabbia o livore nelle parole di Everett (se si esclude la fiacca "Unhinged") ma un bisogno di ritornare alle origini, come testimoniano la struggente "I Need A Mother" e la meditativa "Nowadays". E in momenti di desolazione senza angeli si puo' trovare consolazione nella compagnia di un inconsueto "comrade" ("Little Bird").
Titoli di coda su "On My Feet", resconto in rima della vita del giovane E in cui fa capolino un accenno di speranza ("One sweet day I'll be back on my feet and i'll be alright").
In conclusione questo "End Times" e' un bel lasciapassare per la tristezza auto-compiaciuta, fondamentale quando ti senti miserabile e solo e hai bisogno di un amico che ti faccia sentire speciale.
"Sua Mestizia" Mark Everett è quell'amico e disegna per te 12 delicati bozzetti con il pennello blue.
Fino alla prossima (dis)avventura
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