Concluso il primo ascolto di Shootenanny si ha l'impressione che i tempi di Electro-shock blues (1998) siano ormai lontanissimi nei pensieri di Mark Oliver Everett (you can call him E).
I tormenti, i dolori, le disgrazie familiari che avevano caratterizzato i testi e i suoni duri, taglienti di quel disco sembrano assenti in questo nuovo cd. Ne avevamo avuto già sentore ascoltando gli ultimi due lavori del gruppo (Daisies Of The Galaxy del 2000 e Souljacker del 2001).

Ma a differenza di questi l'ascolto di Shootenanny lascia uno strano senso di serenità. Conoscendo Mr E ho pensato ad un inganno ed in parte è cosí. Infatti, soffermandosi piú attentamente sul connubio musica-testi, si vede affiorare in passi diversi la rabbia e il dolore di E attraverso l'evocazione di ricordi e immagini di freudiana memoria.
Ad esempio, il brano di apertura dell'album "All In A Day's Work", un bel blues sporco in cui la voce ovattata di E sembra essere pienamente a suo agio, è tutto un programma: When I was born / The doctor said / There's something wrong / Inside that baby head.
Successivamente nella straziante Agony: Friends tellin' me / That maybe I need / Some psychiatric help.

A parte questi momenti, tuttavia, l'album si evolve progressivamente verso atmosfere serene e piú rilassate (Fashion Awards ad esempio) e si chiude con una ballata che lascia aperti spiragli di fiducia verso la vita (Somebody Loves You).

Sotto il profilo musicale Shootenanny si discosta dalle ultimi produzioni del gruppo, mantenendo, però, uno stile che mescola pop, rock e folk. Gli arrangiamenti sono molto più essenziali, asciutti e l'elettronica è presente in maniera minore (si veda la delicatissima Love Of The Loveless).
Nell'insieme il cd non è male, ma rispetto agli altri lavori degli Eels sembra manchi qualcosa, ovvero quel lampo di genio, quel cenno di poesia che può rendere un disco indimenticabile e Shootenanny non lo è.

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